Al Corriere della Sera ha espresso tutta la propria contrarietà, dicendosi “indignato e offeso” e chiedendo l’intervento di Csm e Anm sui pm. Poche ore dopo, a Bari, ha risposto così alla domanda di un giornalista: “Mi dia il nome, la denuncio“. Quello delle intercettazioni è un argomento cui Massimo D’Alema si dimostra puntualmente sensibile. Ancor più dopo che il suo nome è saltato fuori dalle carte dell’inchiesta napoletana sulle presunte tangenti per la metanizzazione dell’isola di Ischia. 

Se nell’intervista al quotidiano di via Solferino i toni sono pacati (anche se D’Alema non manca di avanzare il dubbio che i pm siano in cerca “di qualche forma di pubblicità”), durante l’incontro con i cronisti a margine di un convegno nel capoluogo pugliese l’ex premier prima domanda: “Non sono indagato per nessun reato, perché rendere pubbliche in un atto giudiziario cose private di persone come mia moglie?”. Poi attacca: quello che sta accadendo “mi costringe a denunciare, cosa che cominceremo a fare da oggi, quanti organi di stampa, televisioni e radio, singoli giornalisti, si sono esercitati a dire cose false e palesemente diffamatorie”.

Prese di posizione, specie la richiesta di intervento a Csm e Anm, che hanno provocato la reazione dell’Associazione Nazionale magistrati. “Fermare l’attenzione sui fatti gravi di corruzione che stanno emergendo, non sulle polemiche” è stato l’invito alla stampa da parte dell’Anm, con chiaro riferimento alle critiche di D’Alema sull’uso delle intercettazioni. La riservatezza “va tutelata” – si legge nella nota dell’organismo dei magistrati – ma “non si mettano in discussione le intercettazioni come strumento di indagine”.

Interviene sulla questione anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che, pur riconoscendo che “D’Alema pone un problema serio, quello della tutela della riservatezza e dell’onorabilità delle persone non indagate”, ricorda che “non si può in alcun modo limitare il potere in capo ai magistrati e in alcun modo fare leggi bavaglio che impediscano alla stampa di pubblicare qualcosa, qualora questa sia pubblicabile”. Legnini ribadisce inoltre che “il Consiglio Superiore della Magistratura non è munito di un potere d’intervento d’ufficio. In senso disciplinare può intervenire se investito dalla procura generale, dal ministro della Giustizia o da altri soggetti”. E sottolinea che il “grande tema” delle intercettazioni “richiederebbe un intervento legislativo appropriato”.

A Bari: “Ho venduto vino alla convention Pd? La denuncio”
“Lei ha detto che ho venduto il vino durante una convention del Pd, come si chiama lei, scusi? Devo trasmettere al mio avvocato questa informazione. La prego di mandare questa registrazione, avrà una denuncia”. E’ la promessa che l’ex premier ha fatto questa mattina a a Bari a Filippo Barone, giornalista di Virus, programma di Rai Due. Il contesto è un convegno della Fondazione Italianieuropei, a Bari, al termine del quale, inevitabilmente, D’Alema viene ‘inondatò da domande relative alle intercettazioni emerse nell’ambito dell’inchiesta di Ischia. E i toni si fanno subito accesissimi. Ci sono molte cooperative tra i suoi clienti?”, viene chiesto all’esponente Pd. “Ci sono molti cittadini, moltissimi”, risponde D’Alema, accompagnando con un sorriso la sua replica. Poi è il turno della domanda incriminata. “Qualcuno ha ritenuto inopportuno mischiare una convention del Pd con una vendita di 2000 bottiglie di vino…”, premette il giornalista di Virus, che viene dapprima interrotto da D’Alema, che, mostrando di non aver compreso bene la domanda si avvicina e chiede che sia ripetuta. E, dopo che Barone la riformula, d’Alema lo blocca e sbotta. “Lei dice delle cose sciocche perché quegli acquisti, come risulta chiaramente dalle fatture sono avvenuti nel corso di due anni, sono stati regolarmente fatturati, sono avvenuti in prossimità delle festività evidentemente per fare molti regali come fanno molte imprese e sono stati fatturati con trattamento di favore, diciamo, perché con fatture a 4 mesi”, spiega, ribadendo: le bottiglie “non sono state vendute nel corso di una convention del Pd, quindi la pregherei, siccome sto denunciando, oggi, diversi giornali, denuncio anche lei, con l’occasione”.

Al Corriere: “Intercettazioni divulgate per motivi extraprocessuali”
Non vuole delegittimare nessuno, dice. “Credo però che l’organo di autogoverno della magistratura, il Csm, ma anche l’Associazione magistrati, dovrebbero esercitare una maggiore vigilanza affinché certe misure non siano superate e la magistratura non si delegittimi da sola. Non ritengo legittimo un uso delle intercettazioni come quello che è stato fatto nei miei confronti”. Massimo D’Alema è ancora “indignato e offeso”, : “Non c’era alcuna necessità di utilizzare intercettazioni fra terze persone, senza valore probatorio, dove si parla di me de relato. Allora mi viene il sospetto che ci sia un motivo, per così dire, extra-processuale”, si sfoga sul Corriere della Sera l’ex primo ministro.

E non ha dubbi su quale sia stato il “motivo extra processuale” che lo ha gettato nel tritacarne: “Dubito che la notizia dell’arresto del sindaco di Ischia (Giuseppe Ferrandino del Pd, ndr) e qualche suo presunto complice sarebbe finita sulle prime pagine dei giornali, se nell’ordinanza non fossero stati citati D’Alema, Tremonti, Lotti o qualche altro personaggio di richiamo. Ma se questa fosse la logica che ha ispirato i magistrati – ragiona D’Alema – ci sarebbe da preoccuparsi. Non per me, ma per il funzionamento della giustizia. Anche perché negli ultimi tempi si sono susseguite diverse assoluzioni che hanno sconfessato le indagini, soprattutto nei confronti di amministratori locali addirittura arrestati. Se le inchieste avessero l’obiettivo di una più efficace ricerca delle prove, anziché di qualche forma di pubblicità, credo sarebbe più utile alla giustizia e alla moralità pubblica”.

“Il sospetto che le mie intercettazioni siano state usate dai pm per visibilità”

Non servono però nuove riforme, “ma maggiore autocontrollo tenendo presente che i magistrati devono accertare fatti e reati, senza attribuirsi funzioni politiche o pubblicistiche di altro genere”. D’Alema poi esclude qualsiasi rapporto poco chiaro con gli indagati: “Io ho solo aderito agli inviti a partecipare a iniziative pubbliche. Non ho fatto niente per queste persone, che sono state interrogate”. Tutto trasparente insomma per il presidente della fondazione Italianieuropei: “Il sindaco di Ischia Ferrandino l’ho conosciuto nel 2014, quindi quando il presunto reato era, eventualmente, già stato consumato. Con i responsabili della Cpl (che secondo i magistrati pagava mazzette per l’assegnazione degli appalti, ndr), Roberto Casari e Francesco Simone, avevo rapporti più risalenti nel tempo, ma non ho mai fatto alcunché di illecito, né me l’hanno chiesto”.

Anche per quanto riguarda l’acquisto dei suoi libri e dei suoi vini: “L’acquisto dei libri, legato a una presentazione in concomitanza con un’iniziativa elettorale a favore di Ferrandino candidato alle elezioni europee del 2014, rientra nei finanziamenti che noi raccogliamo per la fondazione Italianieuropei”. Mentre per i vini “mi viene da sorridere: se i pm vogliono acquisire agli atti una buona guida enologica scopriranno che i nostri spumanti sono segnalati tra i migliori, ed è notorio che in occasione delle festività le aziende ne acquistano in quantità per regalarli (…) siamo noi che abbiamo fatto il favore alla cooperativa, non viceversa”. Ma l’acquirente dice che fu lui a chiedere di comprare. Su questo punto i ricordi di D’Alema sono più sfumati: “Nel particolare non mi ricordo. Ma in generale consiglio a tutti di comprare il nostro vino. Spero non sia un reato grave…”.

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