Quanta strada ha fatto la musica elettronica dai primissimi laboratori di fonologia a oggi? Sembrano essere passati interi secoli, eppure parliamo di appena sessant’anni fa quando, con la medesima pazienza del Giobbe biblico, i primissimi pionieri della nuova musica (tra cui spiccano i nomi di Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio, Bruno Maderna e Pierre Schaeffer) sinusoide dopo sinusoide, componevano, o per meglio dire sintetizzavano, quegli spettri armonici artificiali che avrebbe preso i nomi di onde triangolari, a dente di sega, quadre e così via. Mesi e anni passati a lavorare duramente dentro laboratori nei quali un singolo oscillatore poteva prendere lo spazio di mezza parete, gettando le basi di quella musica che appena un decennio più tardi, avrebbe iniziato a uscire fuori dallo studio di fonologia e a muovere i suoi primissimi passi tra le band del nascente rock progressive. I primi sintetizzatori Moog e il Vcs3 consentirono agli sperimentatori inglesi, tedeschi, italiani e americani di avvicinare progressivamente il grande pubblico a nuovi ordini di sonorità, a nuovi sensazionali timbri dalle incredibili doti suggestive. Ai sintetizzatori analogici seguirono poi quelli digitali, e a questi i campionatori e i sequencer, fino a giungere ai più moderni software di editing musicale.
E poi? Poi giunse Imogen Heap, la cantante e compositrice britannica nota ai più per il brano che fu sigla, tra gli altri, del finale del telefilm The O.C., Hide and Seek, primo singolo estratto dal totalmente autoprodotto Speak for Yourself: un brano interamente cantato a capella col solo sostegno del vocoder. Sembra infatti che la musica debba fare i conti, in un futuro alquanto prossimo, col guanto di sfida che la cantautrice inglese ha lanciato al mondo dell’elettronica: e di vero e proprio guanto trattasi, anzi, di coppia di guanti. Loro sono i Mi.Mu Gloves, in sostanza dei guanti dotati di sensori in grado di tracciare ogni singolo movimento di braccia, polsi, mani e dita, trasferendo il tutto, via wireless, a un software che traduce i movimenti in output sonori. Dotati infatti di giroscopio, accelerometro e magnetometro, i Mi.Mu Gloves sono il risultato di anni di lavoro, ricerca e sviluppo di un intero team di ingegneri, scienziati, artisti e designer guidati dalla visione futuristica, dal sogno lucido della musicista inglese che, davanti agli occhi increduli del pubblico, ha già dato prova delle possibilità musicali ed espressive dei suoi stupefacenti guanti. Partita poi la campagna su Kickstarter per il reperimento dei fondi utili alla produzione dei guanti magici, sono già adesso diversi i musicisti che stanno iniziando a dotarsi del nuovissimo strumento musicale.
Tra i vari la giovanissima Ariana Grande, che si esibirà coi Mi.Mu Gloves nel suo Honeymoon Tour (che farà tappa a Milano il 25 maggio prossimo), e l’olandese Chagall, che ha utilizzato il futuristico mezzo espressivo nella sua Sappho Song. Ma da dove nasce l’esigenza di varcare la frontiera del suono? Da dove prende vita il desiderio di andare oltre lo strumento fisico? Come ci spiega la stessa Heap, la necessità era quella di conferire alla musica elettronica la dinamicità che le mancava: finanche per lo stesso Dj che, legato alla sua station, era un po’, a detta della musicista britannica, “come guardare qualcuno che sta spedendo e-mail”. Ecco dunque prendere forma il progetto che conferisce al gesto una centralità assoluta nelle future perfomance live electronics: “Il movimento è la chiave di tutto. Ho un corpo e una mente, e nella mia mente ho la musica. Con i guanti sono libera di muovermi e di effettuare movimenti quasi infiniti. Posso improvvisare con me stessa”. Chissà per quanti questa nuova tecnologia sembrerà togliere controllo e determinazione al suono, mentre per quanti altri aprirà invece nuove e infinite possibilità creative. Nel dubbio, e con la curiosità di seguire i futuri sviluppi di questo nuovo ed emozionante capitolo della musica elettronica, assistiamo intanto ad una live performance della visionaria creatrice dei Mi.Mu Gloves, Imogen Heap.