Un giudice ucciso in tribunale a Istanbul, un attacco ad una stazione di polizia, tensione ai livelli di Gezi Park: il Paese si sente sotto assedio. "Con la repressione delle proteste del 2013 il premier ha messo fine alla possibilità di entrare in Ue - spiega a IlFattoQuotidiano.it Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e di Studi Internazionali della Cattolica di Milano - la svolta autoritaria ha generato questo clima"
Tensione ai livelli di Gezi Park e un clima che ricorda quello all’origine delle proteste di piazza Taksim, nel 2013. L’uccisione del procuratore Mehmet Selim Kira, l’irruzione nella sede dell’Akp (il Partito per la Libertà e lo Sviluppo) e lo sventato attacco kamikaze alla questura di Istanbul rischiano di aprire, come spiega a IlFattoQuotidiano.it Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e di Studi Internazionali dell’Università Cattolica di Milano (Aseri) una nuova stagione di proteste in Turchia, causata soprattutto dalla deriva autoritaria imposta dal capo dello Stato, Recep Tayyip Erdoğan: “Quando la possibilità della Turchia di entrare nell’Unione Europea è definitivamente tramontata – spiega il docente – il leader dell’Akp ha dato una svolta autoritaria alla sua politica che ha portato in pochi mesi a epurazioni nei corpi di polizia e nella magistratura, alla censura dei social network e al bavaglio per gli organi di stampa. Non dobbiamo aver paura di dire che, in questo momento, la Turchia non è una democrazia”.
Dal sogno Europa al pugno duro contro le opposizioni
Le proteste di piazza del 2013, represse con la forza dalla polizia turca, avevano messo la parola fine sulla speranza dell’ex premier di entrare a far parte dell’Ue. Il pugno troppo duro con gli oppositori, la scarsa libertà di stampa e il processo di islamizzazione dello Stato rappresentavano gli ostacoli tra il Paese della mezzaluna e l’Ue. Inutili i tentativi dell’ex presidente, Abdullah Gül, di cercare l’appoggio italiano in vista del semestre di presidenza europea: “Quello è probabilmente il punto di svolta – dice Parsi – da lì in poi sono iniziate le purghe nella polizia, nella magistratura e la forte censura”. Una situazione che, raccontano fonti locali a IlFattoQuotidiano.it, “ha raggiunto un livello insostenibile. Il controllo della politica arriva fino alle università. Ci hanno già avvertiti: ‘Smettete di parlare di Turchia ai giornali’”.
Una stretta così forte, spiega Parsi, rischia di portare ad azioni violente come quella dei terroristi di estrema sinistra del Fronte rivoluzionario popolare di liberazione (Dnkp/C): “Condannando atti di violenza come quelli degli ultimi giorni, si può però dire che il terrorismo del regime ha portato al terrorismo del Dnkp/C. Se si toglie alla società la possibilità di poter influire, stroncando le opposizioni, non si fa altro che lasciare spazio a gesti estremi. La riprova di questo è che non si tratta solo di singoli attentati terroristici, ma di azioni che hanno provocato immediatamente dei moti popolari. Le centinaia di persone scese in strada non sono dei terroristi”.
Il Dnkp/C vuole una nuova Gezi Park
Il gruppo di estrema sinistra ha prima sequestrato, Mehmet Selim Kira, il procuratore che ha svolto le indagini sulla morte di Berkin Elvan, il 15enne colpito in testa e ucciso da un lacrimogeno sparato dalla polizia durante gli scontri del 2013, e il giorno dopo hanno tentato un attacco kamikaze alla questura. “L’uomo che indagava sull’uccisione di uno dei manifestanti di piazza Taksim, la sede del partito simbolo del potere in Turchia e le forze dell’ordine che a quel potere rispondono e che sono ritenute colpevoli dell’uccisione del giovane Elvan: c’è un chiaro significato simbolico nella scelta di questi obiettivi. Lo scopo è quello di provocare nuove manifestazioni, un nuovo clima Gezi Park. E ci stanno riuscendo”.
Tra gli ultimi attacchi kamikaze del gruppo si nota la mano delle donne. Oltre alla terrorista uccisa l’1 aprile, poco prima di portare a termine l’attacco alla questura, un’altra donna aveva compiuto un attacco kamikaze in un commissariato di Istanbul, a gennaio, uccidendo un agente. “In un periodo storico in cui l’attuale presidente porta avanti un processo di regressione della figura della donna (la figlia di Erdoğan stessa ha dichiarato, negli ultimi giorni, che “è giusto che l’eredità delle donne sia inferiore a quella degli uomini”, ndr) – conclude Parsi – gruppi come il Fronte rivoluzionario popolare di liberazione, che hanno un approccio secolare, rischiano di costituire un’attrazione per molte donne turche”.