La relazione degli ispettori di via Nazionale che ha dato il via all'indagine della procura di Roma sull'ex presidente Flavio Trinca e il direttore generale Vincenzo Consoli mette in luce gli affidamenti facili concessi anche contro il parere dei tecnici della banca. E mantenuti a bilancio come se fossero in bonis anche quando diventavano irrecuperabili. Risultato: 1,2 miliardi di sofferenze e incagli non dichiarati
Prestiti facili, basati solo sulla notorietà dei clienti. Da Denis Verdini alla vecchia Alitalia servizi, dall’Acqua marcia di Francesco Bellavista Caltagirone (ora in concordato preventivo) al gruppo alberghiero Boscolo. Finanziamenti concessi, a volte, contro il parere degli stessi tecnici della banca. Esponendo così l’istituto a forti perdite, che si sono poi puntualmente verificate perché recuperare quei crediti in molti casi si è rivelato impossibile. E’ quello che emerge, stando a quanto riporta Il Sole 24 Ore, dalla relazione stilata nel 2013 su Veneto Banca dagli ispettori della Banca d’Italia. Proprio da quel documento, da cui risultano con chiarezza forti “carenze nel governo societario e nei controlli interni”, è partita l’inchiesta della procura di Roma, che ha iscritto nel registro degli indagati l’ex presidente dell’istituto Flavio Trinca e l’ex amministratore delegato e tuttora direttore generale Vincenzo Consoli per ostacolo all’attività di vigilanza.
La relazione ispettiva di via Nazionale, sfociata in una multa da 2,7 milioni di euro all’ex consiglio di amministrazione, rileva che sono “inattuati gli indirizzi sulla rischiosità dei crediti”. Vale a dire che da un lato, appunto, i prestiti venivano concessi ai “soliti noti” senza adeguate garanzie. Acqua marcia, il gruppo Biasuzzi, Lotto sport, Alitalia servizi e Boscolo group hanno ottenuto per esempio corposi affidamenti nonostante una situazione finanziaria già tutt’altro che solida, sottolinea il quotidiano di Confindustria. Il senatore Pdl e grande regista del Patto del Nazareno Denis Verdini ha invece ricevuto, nel settembre 2012, 7,6 milioni con cui non solo ha potuto coprire i debiti contratti per le sue società editoriali e imprese immobiliari, ma ha anche, secondo il Sole, pagato la sanzione irrogatagli dalla stessa Banca d’Italia per le irregolarità nella gestione del Credito cooperativo fiorentino di cui è stato presidente.
A peggiorare il quadro, poi, c’era il fatto che quegli stessi crediti venivano poi mantenuti nel bilancio di Veneto Banca tra quelli “in bonis”, anche se le aziende destinatarie erano già in insolvenza. Risultato: passando al setaccio i conti gli uomini di Bankitalia hanno trovato sofferenze e incagli per 1,2 miliardi in più rispetto a quanto dichiarato dall’istituto di Montebelluna. Il che spiega perché poi, in sede di “esami” europei sugli attivi, la Bce abbia imposto alla banca maxi rettifiche sul valore dei crediti in portafoglio.
Via Nazionale aveva anche scoperchiato il meccanismo dei finanziamenti concessi ad hoc perché venissero utilizzati per l’acquisto di titoli di Veneto Banca. Una pratica denunciata da molti clienti, che, stando alle testimonianze raccolte dal quotidiano, si sono sentiti proporre fidi se in cambio avessero comprato azioni. Nel rapporto della Vigilanza si legge che anche i grandi soci, molti dei quali sono stati oggetto di perquisizioni a febbraio pur non essendo indagati, ricevevano soldi con questa finalità: da Ivana Martino, moglie dello storico azionista della Bim Pietro D’Aguì, a Gianfranco Zoppas, dalla Modena Capitale di Giampiero Samorì a Giuseppe Stefanel. Che, contattati dal Sole, negano legami tra i finanziamenti e l’acquisizione di azioni. Infine, anche i membri del cda hanno ottenuto affidamenti importanti: la relazione di Bankitalia cita 20 milioni a Zoppas, 2,6 a Trinca, 2 milioni alla moglie di Consoli.