A Nola, terra natia di Giordano Bruno, martedì scorso hanno arrestato un imprenditore, dallo scorso anno assessore comunale all’urbanistica della città. Nell’ordinanza firmata dal gip Egle Pilla, su richiesta dei pm della distrettuale antimafia di Napoli, viene ricostruita la rete. Gianpaolo De Angelis, secondo l’accusa, è uomo del clan, il prestanome dei Fabbrocino, potente gruppo camorristico. In carcere è finito anche il reggente Giovanni Fabbrocino, figlio del capoclan Mario. De Angelis, espressione del ‘nuovo centrodestra nolano’, dallo scorso anno era assessore della giunta guidata dal forzista Geremia Biancardi.
I fatti contestati a De Angelis riguardano la sua attività da imprenditore prima dell’ingresso in politica. La notizia dell’arresto è stata consegnata in fondo alle pagine dei giornali. Cosa vuoi che sia un assessore in carcere per camorra? Unicamente ‘normalità’, bollettino quotidiano della degenerazione dei partiti e della moralità pubblica. Lo stesso giorno il dibattito pubblico si soffermava sull’opportunità o meno di pubblicare intercettazioni di terzi non coinvolti nell’inchiesta.
Ho vissuto la mia gioventù in quelle terre, esaltate da scrigni di storia e arte, e umiliate da una politica, in buona parte, compromessa o, nelle migliori delle ipotesi, incapace. Mi è capitato, spesso, di scrivere di politici, non indagati, che venivano citati in atti depositati in inchieste di camorra. Di recente ho pubblicato l’intercettazione tra il cognato di Michele Zagaria, il più potente boss dei Casalesi, e un politico di vecchio corso, non indagato, ora nuovamente in corsa. Secondo i teorici del bavaglio, quella intercettazione non sarebbe dovuta comparire, avrebbero dovuto omettere il nome per garantire la privacy perché l’ascolto era penalmente irrilevante. La conseguenza sarebbe una soltanto: i cittadini non avrebbero saputo che il politico in discussione si soffermava in una conversazione amabile con il cognato del boss, quest’ultimo coinvolto nell’inchiesta e, per questa ragione, intercettato. La soluzione per i politici c’è: evitare di intrattenere conversazioni e rapporti con affaristi, faccendieri, boss, delinquenti abituali e paccottiglia del genere. Sottrarre alla pubblica opinione la possibilità di sapere e conoscere è dannoso oltre che risibile. Quella intercettazione era il contributo investigativo per comprendere il livello di rapporti che quel soggetto riusciva ad avere controllando un’intera azienda ospedaliera. E’ stata trascritta e riportata negli atti dell’indagine, nota agli avvocati e quindi non più segreta, e noi, giornalisti, avevamo l’obbligo e il dovere di pubblicarla. Così è successo in altre occasioni per imprenditori, politici non indagati, ma in rapporti di affare o in legami elettorali con i ‘malacarne’, faccendieri e simili che hanno compromesso il futuro e, ancor prima, il presente della mia terra.
Tornando all’imprenditore-assessore ora in carcere, nell’ordinanza, eseguita dagli uomini della Dia di Napoli agli ordini del capocentro Giuseppe Linares, si legge che De Angelis non solo era prestanome del clan, ma aveva anche il “ruolo di raccordo ed intermediazione tra gli imprenditori estorti e Giovannni Prevete ovvero Giovanni Fabbrocino nonché esecutore delle direttive di questi ultimi relative alla società”. Il settore edile è stato sempre di competenza del clan di Mario Fabbrocino, detto ‘o gravunaro, un vero e proprio monopolio sia per le opere pubbliche che per i lavori privati con l’imposizione del calcestruzzo. Quando viene confiscata la prima azienda, il clan, secondo l’accusa, si affida a teste di legno, come Gianpaolo De Angelis, per schermarsi e continuare la propria attività con altre sigle societarie. De Angelis, ricostruiscono gli investigatori, è attivo in diversi settori anche nella formazione scolastica così come nel settore della mediazione creditizia oltre che in quello edile. “Intraneo ad ambienti e dinamiche tipici della criminalità organizzata” si legge nell’ordinanza di arresto, e per spiegarlo vengono ricostruite le partecipazioni societarie e i rapporti passati tra De Angelis e imprenditori contigui ai clan del nolano.
L’imprenditore, fino a pochi giorni fa assessore, era uno di loro secondo la Procura di Napoli, impastato con logiche criminali e a disposizione del clan. Il condizionamento dei comitati di affare, delle mafie su imprenditoria e politica è urgenza nazionale, ma all’orizzonte avanza il bavaglio.