Gli attori sono come le bestie. Lo diceva sua maestà Alfred Hitchcock, ossessionato dalle sue attrici alter ego. Le metteva in “quadro” incoronandone il corpo di paure e fragilità. Difficilmente Ambra Angiolini si è sentita “bestializzare” da Michele Placido nell’interpretare La scelta, ma di certo il risultato della sua mirabile performance appartiene a quell’enigmatica mescolanza di intima adesione al personaggio e di stima del regista non sempre facile da ottenere. Anzi, rarissima.
Il suo corpo e il suo volto assumono istantaneamente e forse istintivamente i tratti di Laura, la protagonista dell’undicesimo film diretto da Placido (e il 51° da lui interpretato) in uscita per la Lucky Red di Andrea Occhipinti. La scelta si origina dalla rilettura della commedia drammatica L’innesto di Luigi Pirandello, alla quale liberamente s’spira. Una storia portatrice di scandalo fin dal suo esordio teatrale al Manzoni di Milano: correva l’anno 1919 e parlare di aborto pubblicamente era come bestemmiare in tv in prime time. Già, perché è proprio l’interruzione di gravidanza il grande tema de L’innesto, ovvero de La scelta quasi un secolo dopo. A disquisirne è la coppia – bellissima e innamorata – formata da Giorgio, Raoul Bova e Ambra Angiolini, Laura. Vivono nella luminosa Bisceglie ai giorni nostri, vogliono un figlio che non arriva nonostante i tentativi incessanti. La sera del suo compleanno Laura cammina radiosa verso casa, dove il marito le sta preparando una cena speciale. Laura non arriverà mai a quell’appuntamento perché nell’angolo buio di una stradina viene aggredita con stupro da qualcuno. È choc ma anche un’inspiegabile rinascita di consapevolezza, perché la donna si scopre incinta. Di chi sia il concepito resta un mistero, ma “chissenefrega” recita il suo inconscio “sono riuscita laddove non pensavo possibile, è un miracolo”. Naturale che suo marito non ci stia, non si chiama San Giuseppe e non siamo nel vangelo. La donna rifiuta analisi cliniche e qualunque forma di supporto psicologico: sono gli altri – la famiglia ingombrante – a non capire, per lei è tutto chiarissimo.
Non era facile entrare in una donna così. La Angiolini però sembra celebrarla come fosse sempre stata “sua”, come la comprendesse nelle viscere di un inferno immune al passare del tempo, dell’emancipazione “uterina”. Lontanissima dai suoi esordi televisivi, Ambra è ormai da anni un’artista che ha preso sul serio il “mestiere dell’attore”, qualcosa che nulla ha che fare con il protagonismo da starlette, così pop nel Malpaese. Lo si capisce dalle scelte di alcuni film coraggiosi, dall’approccio ai testi, dalla gestione del rapporto coi media: il suo atteggiamento risuona di mantra monastici “ogni personaggio è un lavoro” e combina serietà alla leggerezza di chi – vivaddio – non si sente importante. La sua Laura è il perno dell’intenso film di Placido, imperfetto laddove si sovraccarica di enfasi: permeato di musica e radicalmente spaccato in due parti (il pre e il post aggressione), mostra il legittimo tentativo di catturare il pubblico e “sintetizzare” senza dialoghi il dramma intimo prima della donna, e poi del suo uomo. “Avevo paura ma non volevo usare filtri” asserisce Ambra descrivendo il suo avvicinamento a una figura drammatica come quella di Laura, che non solo porta sulle spalle il fardello di una scelta/non scelta, ma anche della presa in carico della relazione sentimentale stessa, “governando per amore” i tentennamenti del marito.
Il trailer de La scelta
Dal Fatto Quotidiano del 2 aprile 2015