Bonov* sale velocemente e con sicurezza i gradini del palco, come sono soliti fare i presidenti americani, lancia uno sguardo fugace ai poliziotti che sostano davanti al palco, si schiarisce la voce e dice:
– Non sono uno di troppe parole, io. Perciò andrò subito al punto, anche perché abbiamo molto da fare e non possiamo perdere tempo: abbiamo da consegnare la Vichinga 2, la nave che cambierà la storia, e non soltanto quella della navigazione, è la nave che sta per inaugurare l’era vichinga. Ma mi dicono che qui, in questo cantiere, ci sono alcuni che non vogliono far parte della storia, che anzi vorrebbero fermarla…
– Vogliamo i nostri diritti – giunge improvvisa una voce dal gruppo di operai radunati davanti al palco.
– Aah, allora è vero quello che mi hanno riferito: è qui che si nascondono i gufi, quelli che vorrebbero mettere il freno a mano alla storia, che ci vorrebbero riportare al Medioevo…
– Non vogliamo lavorare gratis – si sente un’altra voce provenire dal fondo.
– Chi ha parlato? Chi? Si faccia avanti se ha il coraggio. Qui non vogliamo codardi – e poi indica a uno dei poliziotti la direzione da dove era arrivata la voce.
Il poliziotto si incammina, con passo lento e una mano sulla fondina, verso la direzione indicata da Bonov e inizia a scrutare con sguardo minaccioso gli operai.
Bonov, dopo aver atteso qualche secondo, riprende il suo discorso:
– Noi non abbiamo paura, perché non abbiamo paura del futuro. Se qualcuno vuole che non si facciano più navi lo dica. Ditelo, allora, che non volete lavorare, chiudiamo il cantiere e ce ne andiamo da un’altra parte, dove ci aspettano tutti– si interrompe un secondo per guardare l’iPhone e poi aggiunge – ma io non voglio andarmene da qui, dal cantiere di Margherita. Sono troppo affezionato ad ognuno di voi. Farei tutti gli accordi che volete, anche domattina, magari al bar e vi offro anche la colazione, ma non posso farli con chi non ha voglia di lavorare, e mi riferisco a quelli che passano veline su veline a giornali e televisioni. Qui siamo una grande famiglia e io non permetterò che qualcuno la rovini.
– Voi volete schiavi, servi della gleba, anime morte, non lavoratori con diritti e dignità – replica un operaio giovane, che si trova proprio davanti a Bonov, guardandolo dritto negli occhi – volete farci lavorare di più ma senza pagarci, volete cancellare il contratto collettivo, volete perfino metterci il chip elettronico nelle scarpe. Allora, perché non direttamente le catene?
Bonov resta sorpreso dal coraggio del giovane e lancia un segnale con la coda dell’occhio ai poliziotti a lui più vicini, che immediatamente lo circondano.
– Caro giovanotto, figliolo, io capisco la tua rabbia, sei giovane, vivi ancora nel mondo dei sogni, ma lasciatelo dire da uno più adulto e che ha visto il mondo: il paese non va avanti a forza di diritti, chi ha fame e continuerà a leggere i diritti invece di lavorare finirà al cimitero. E voi non volete andare al cimitero, vero? – domanda Bonov agli operai.
Poi prende il fazzoletto dalla tasca destra dei pantaloni e si asciuga la fronte, senza accorgersi però che si era tolto anche un pezzo di cera da dove si intravedeva il teschio.
* Racconto liberamente ispirato alle recenti dichiarazioni di Fincantieri