Conferenza stampa 2008: ministri Brunetta-Gelmini, quali valutazioni sanitarie sull’assenza di rischi per la salute degli studenti avete a sostegno del vostro protocollo ‘Scuola digitale’ che introduce migliaia di hot spot nei corridoi delle aule per connessioni internet e reti senza fili? Conferenza stampa 2012: Presidente Monti, col decreto ‘Sviluppo bis’ non crede di aver aggirato i limiti di legge sull’irradiazione elettromagnetica delle stazioni radio base di telefonia mobile, misurando la media delle antenne sui palazzi nelle 24 ore, eludendo i picchi, visto che di notte i cellulari… dormono? Conferenza stampa 2015: Presidente Renzi, come la mettiamo coi sempre più numerosi dati sul pericolo elettrosmog prodotti dalla comunità scientifica internazionale indipendente, col crescente numero di malati elettrosensibili italiani e la sua ‘Strategia per la Banda Ultralarga’ e la ‘Crescita digitale’? Garantisce l’assenza di qualsiasi rischio per la salute pubblica, vista la diffusione ubiquitaria dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, evidentemente aumentabili dalla sua manovra per il 4G?
A tutte queste domande l’opinione pubblica non ha avuto risposte. Ma se negli anni queste domande ai nostri governanti non sono state poste da colleghi (evidentemente) affaccendati da (chissà quali) altre più impellenti urgenze di redazione, in questi giorni si segnala un’interessante inchiesta sull’elettrosmog, in particolare nelle scuole, condotta dal giornale locale Prima Pagina Reggio (Emilia), a firma di Alessandra Ferretti. Della giornalista, rispolverando una mission sempre più rara nel panorama dell’informazione nostrana come il demodè giornalismo d’inchiesta (la Watchdog function riposa in pace con Sir Lord Jonh Wright-Bbc!) si evidenziano una serie di articoli che, in sintesi, mi preme riportare per gli osservatori più affezionati del mio blog.
“I rischi del Wi-Fi, la scuola resta l’anello più debole”, passa in rassegna alcuni esempi virtuosi di scuole ‘precauzioniste’, dove il trinomio ‘Comitato genitori (meno rischi per i figli)-dirigenza scolastica/amministrazione comunale (a responsabilità limitata)’ hanno consentito lo spegnimento del pericoloso segnale Wi-Fi optando per l’accensione in classe del più sicuro sistema via cavo, cablaggio della rete. “Il wireless , quando accende e spegne il segnale, ha una frequenza di 10hz, la stessa in cui si trovano le onde alfa del cervello”, sostiene Mario Canciani, allergologo-pneumologo pediatrico dell’ospedale di Udine, impegnato in uno studio scolastico sugli effetti nocivi del tanto pubblicizzato (chissà perché?) Wi-Fi in aula, comparando le sintomatologie registrabili in classi con e senza connessioni eteree.
“Non si capisce perché un genitore, un insegnante, un dirigente scolastico– ripete Guido Tirelli, direttore igiene e sanità pubblica Usl Reggio Emilia – debba esporre un bambino, per 5 o 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, ad un impianto Wi-Fi allo scopo di eliminare lavagne multimediali interattive che potrebbero funzionare allo stesso modo con il cavo Adsl”. Già… perché? Una soluzione sensata, infatti, arriva dall’altoatesina Gikispy, azienda tecnologica dell’innovation d’impresa, che nella scuola di Lana (Bolzano) fornisce un collegamento Adsl a banda larga a tutti gli utenti collegati alla rete elettrica, sfruttando tecnologia della Powerline Communication (Plc), eliminando così il wirelelss.
Così a Reggio Emilia, dopo l’avveduta inchiesta del giornale, monta la volontà di genitori ‘precauzionisti’ al grido di “mobilitiamoci contro questo rischio subdolo”. E (i genitori-comitati di studenti del) le altre scuole d’Italia? Non c’è la stampa, bellezza!