Non Pier Paolo Pasolini, non Enrique Irazoqui, i Sassi di Matera, il Vangelo secondo Matteo, non il più bel film su, e di, Cristo. Non Zeffirelli, non il Gesù bravo, buono e (troppo) bello, l’oleografia da acquasantiera, il devozionismo, l’agiografia con il balsamo per capelli lisci, il santino. Non le attualizzazioni, gli upgrade nel mondo (e del mondo) contemporaneo, ovvero le figurae Christi umane, troppo umane, dibattute tra perdizione e redenzione: Il cattivo tenente di Abel Ferrara, la Bess delle Onde del destino di Lars Von Trier e, se credete, pure la Charlotte Gainsbourg di Nymphomaniac. No. Quest’anno, la Pasqua cinematografica non è stata santificata, almeno, non alla lettera: né il Cristo, né la sua figura a immagine e somiglianza abbiamo ritrovato in sala, a meno di non dar credito alla Reese Whiterspoon zaino in spalla di Wild. No. Eppure, Cristo sul grande schermo ci è arrivato, sebbene sostenerlo sia passibile di eresia, eresia manichea: “Il Manicheo non riconosce che Cristo è venuto nella carne”, ricordava Sant’Agostino (Discorso 183). Ma Cristo è venuto, con il footage scartato dei film precedenti, le controfigure degli stuntmen e dei due fratelli più piccoli e, soprattutto, la computer grafica: Cristo a Pasqua 2015 è stato Paul Walker, l’eroe di Fast & Furious 7. Come dice Wikipedia, ovvero il Vangelo corrente, “aveva raggiunto la notorietà soprattutto per aver interpretato Brian O’ Conner nella serie di film Fast and Furious”, e il trapassato prossimo non è un refuso: è morto a 40 anni il 30 novembre 2013, schiantato in macchina a Santa Clarita, nella sua Los Angeles. Pena del contrappasso, girone dei piloti.
Non era mai stato un grande attore, ma al fianco di Vin “Dom” Diesel – la serie è davvero zeppa di assonanze arte-vita, nel bene e nel male – era stato di più, era stato qualcuno: faccia pulita da bravo ragazzo, capello biondo e occhi azzurri del perfetto ariano (altra eresia bollata da Agostino…), correva veloce. Too fast, too furious, anche senza ciak. Se ne è andato su una Porsche (guidata dall’amico Roger Rodas), come un altro più bravo, più bello, più iconico e più maledetto di lui: James Dean. Ma Paul Walker non se ne poteva andare: era già in cantiere Fast & Furious 7, che l’avrebbe ritrovato al volante nella squadra di Dominic Toretto (Vin Diesel). Che fare? Fare il film, perché il “riposa in pace” al cinema non vale. Fare il film, costi quel che costi. E la computer grafica (Cgi) necessaria a rianimarlo costa assai, ma per una serie – da The Fast and the Furious del 2001 a Fast & Furious 6 del 2013 – capace di incassare due miliardi e 380 milioni di dollari l’esborso valeva la candela.
Fast & Furious 7 è uscito nelle nostre sale il 2 aprile, giovedì di Passione, negli Usa il 3 aprile, Venerdì Santo, e a Pasqua Paul Walker è risorto: non casualmente e non inaspettatamente, se il Neorealismo è il miracolo della scena, e il cinema americano il miracolo dell’osceno. Con buona pace del teorico sommo del cinema francese, Andrè Bazin, per il quale “la rappresentazione della morte reale è anch’essa un’oscenità, non più morale, come nell’amore (nessun pericolo, Fast & Furious è serie quasi asessuata, ndr), ma metafisica”. Problema, la rappresentazione non della morte, ma del morto reale è anch’essa un ’ oscenità? Bazin non può rispondere, il box-office sì e l’incasso di Fast & Furious è invero osceno: 143, 6 milioni dollari messi in cascina nel primo weekend americano, cifra buona per asfaltare un tot di record. Ha cancellato il primatista d’incassi del mese d’aprile, quel Captain America: Il soldato d’inverno che nel weekend d’esordio totalizzò 95 milioni, ha registrato la migliore performance dell’intero franchise e, forte di ottime recensioni e nessun reale competitor nelle prossime tre settimane, viaggia per un totale di 350 milioni al box office statunitense.
E in Italia? Lo spartito non cambia: Fast & Furious 7 è primo con l’incasso stratosferico di 7. 586. 760 euro (oltre un milione le presenze), rastrellati da giovedì a domenica, azzerando ogni possibile concorrenza. Dopo il primo weekend – ma deve ancora uscire in mercati fondamentali quali Cina, Russia e Giappone – il botteghino globale segna già 384 milioni di dollari: con ogni probabilità, #Fast 7 finirà la sua corsa in sala superando il traguardo del miliardo di dollari. Molteplici le ragioni di un simile successo, ma il desiderio dei fan di vedere per un’ultima – ultima? – volta Paul Walker non è la minore: “One Last Ride” recita la tag-line scelta da Universal Pictures, e Paul il Cristo, Paul il risorto ha richiamato torme di discepoli in sala. Tutti per lui, Gesù zeffirelliano ma dal capello corto. Uno che post mortem ha trovato sul grande schermo la compagnia migliore: da Peter Sellers (Sulle orme della Pantera Rosa) a Laurence Olivier (Sky Captain and the World of Tomorrow), da Bruce Lee (L’ultimo combattimento di Chen) al figlio Brandon Lee (Il Corvo), tutti risorti eccellenti. Nel nome dell’unico Dio che conta: il mercato.