Ai carabinieri ha raccontato di aver ucciso “per paura di essere licenziato”. Massimo Donatini, 43 anni, operaio della cartiera Lucart di Porcari, stamani è uscito dalla sua casa di Camigliano di buon ora, alle 5 e 30. Ha macinato a piedi 8 chilometri, e pochi minuti prima delle 7 è arrivato a Lucca, a pochi passi dalle mura, sotto l’abitazione di Francesco Sodini, 52 anni, suo caporeparto. Ha atteso che uscisse per andare a prendere la macchina e dirigersi al lavoro, e quando lo ha visto, lo ha freddato con 13 colpi di pistola. Un agguato. Andato in scena in piazza Salvo D’Acquisto all’Arancio, davanti agli occhi di alcuni testimoni e a quelli della moglie di Sodini, Maria Pia Manfredini, affacciata alla finestra dopo aver sentito i primi colpi e le urla del marito.
Donatini, poi, si è allontanato, sempre a piedi, e poco dopo le 7 si è presentato al comando provinciale dei carabinieri dove ha confessato e consegnato la pistola, una Glock calibro 9×21. Adesso si trova in stato di fermo nel carcere di San Giorgio, in attesa dell’interrogatorio di garanzia del sostituto procuratore Antonio Mariotti, che nel frattempo conferirà l’incarico per l’esecuzione dell’autopsia sul cadavere. Mentre sul luogo dell’omicidio è arrivata la polizia scientifica per compiere i rilievi. Le indagini sono affidate alla compagnia dei carabinieri di Lucca e dalla squadra mobile. Secondo la prima ricostruzione, l’operaio ha detto di aver ucciso per i continui litigi con il caporeparto che avrebbero potuto costargli il posto di lavoro. Per questo, ieri, ha rubato la pistola al padre (denunciata regolarmente) che la custodiva in un armadietto blindato ed è andato a provarla in un campo per essere certo che funzionasse.
Sodini oltre alla moglie lascia due figli. Era il responsabile del settore caldaie negli stabilimenti di Diecimo e Porcari delle cartiere Lucart, che conta più di mille lavoratori. Negli stabilimenti, spiegano i dipendenti, la crisi non ha creato situazioni di gravi difficoltà: solo una procedura per mobilità che ha interessato una sessantina di persone nei tre stabilimenti del gruppo che si è chiusa il 31 marzo scorso.
“Non so che dire siamo tutti sotto choc: non riusciamo a spiegarci perchè sia accaduto…”. Alberto Baccini, sindaco di Porcari, tratteggia uno scenario economico e sociale privo di particolari tensioni. “A Porcari ci sono grandi aziende ma il clima è di tipo familiare e il settore cartario è quello che ha tenuto meglio di molti altri di fronte alla crisi. Porcari – spiega il sindaco – è grande come un fazzoletto ma produce il 20% della ricchezza della provincia di Lucca: complessivamente ci sono 6.000 posti di lavoro, un numero che è addirittura cresciuto rispetto al 2008″, anno d’inizio della crisi economica. “Dove il lavoro non manca – aggiunge il sindaco – ci sono ovviamente meno tensioni sociali, a cominciare, ad esempio, da quella dell’integrazione con una quota del 10% di stranieri”.
Incredulità anche da parte della proprietà e del personale del gruppo Lucart. “Siamo tutti sconvolti per l’assurdità di quello che è accaduto ed increduli per le persone che ne sono state coinvolte – dichiara Massimo Pasquini, amministratore delegato del Gruppo, in un comunicato – Mai, in nessun modo, erano emersi in azienda elementi che potessero far presumere un’esplosione di violenza da parte di un operaio modello, anche lui nostro collaboratore da oltre 25 anni. Nessuna ipotesi di riduzione di personale lo aveva visto coinvolto né lo avrebbe coinvolto in futuro. Ci stringiamo alla famiglia di Francesco alla quale manifestiamo il nostro cordoglio ed il nostro affetto più sincero in questo momento di grande dolore. Un pensiero di umana vicinanza e comprensione va anche ai familiari di Massimo Donatini, il nostro dipendente che si è costituito”.