La tortura è un crimine contro l’umanità. Eppure in Italia non è un reato. Ce lo hanno ricordato i giudici di Strasburgo nella sentenza di condanna per i fatti della Diaz. Ancora una volta il nostro Paese ha dimostrato di non sapersi riformare con le proprie forze. Ha dovuto attendere l’onta di una condanna europea. Quei giorni, prima nella scuola Diaz e poi a Bolzaneto, si consumò una storia triste e violenta, tipica di un regime e non certo di una democrazia.
Erano trascorsi dodici anni da quando l’Italia si era impegnata in sede Onu a inserire il crimine di tortura nel proprio codice penale. Quella storia non ha cambiato il destino della legge che avrebbe dovuto introdurre il delitto nell’ordinamento italiano. È rimasta là, colpevolmente nei cassetti delle aule parlamentari, per tanto, troppo tempo. Nei prossimi giorni dovrebbe riprendere la discussione in Parlamento. Speriamo che si faccia presto, e soprattutto che si faccia bene. Abbiamo bisogno di una buona legge.
Dai tempi degli accadimenti nella scuola Diaz, raccontati con crudezza mirabile da Daniele Vicari nel film che vinse a Berlino, sono trascorsi altri quattordici anni. Questi anni hanno visto, tra le altre, le storie e le morti di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi. Storie e morti che ci hanno ricordato, se ce ne fosse stato bisogno, che il problema delle violenze di Polizia non è qualcosa che non ci riguarda. Nel 2012 c’è stata inoltre la sentenza del giudice Crucioli ad Asti. Crucioli, nel mandare liberi tutti i poliziotti penitenziari accusati di atroci violenze, certificò di non essere in condizione di punirli a causa della mancanza del delitto di tortura nel nostro codice.
Ora è giunta l’ennesima condanna europea. Una condanna che spero ci faccia vergognare a tal punto da innovare una legislazione ferma al 1930 e da determinare una svolta epocale nel lavoro delle nostre forze di Polizia. Che da ora in avanti vi sia una nuova etica del lavoro delle forze di sicurezza, un’etica che lo veda ispirato alla promozione dei diritti umani e non alla loro violazione.