Ci sono voluti oltre tredici anni e l’intervento della Corte europea dei diritti umani per stabilire a chiare lettere che l’indegno comportamento tenuto dagli organi di polizia in occasione dell’assalto notturno alla scuola Diaz ha violato ogni più elementare norma giuridica e che ha integrato gli estremi del crimine di tortura come definito dalle convenzioni internazionali ed europee in materia.
Come mi pare di avere già scritto su questo blog, ero presente alla scuola Diaz da poco tempo dopo l’effettuazione dell’assalto. Non dimenticherò mai il giornalista britannico che giaceva in una pozza di sangue, gli occhi vacui dei poliziotti mascherati, i corpi dei feriti che lasciavano l’edificio in barella o trascinandosi, la criminale arroganza dei funzionari che uscivano baldanzosi dopo aver ordinato alle loro truppe il massacro di qualche decina di persone inermi.
Evidentemente sicuri della copertura politica da parte di un governo che all’epoca si chiamava Berlusconi-Fini.
E’ per questo che trovo sorprendenti le dichiarazioni di Fini, il quale afferma oggi che i colpevoli delle violenze vanno puniti e messi in condizione di non nuocere ulteriormente. Lui dov’era in quei giorni? Dov’era Sabella, oggi responsabile della legalità al Comune di Roma e in quei giorni autore di una visita nell’altro luogo di tortura, Bolzaneto (su cui si aspetta una sentenza analoga a quella relativa alla Diaz), da cui non emerse assolutamente nulla per fermare gli abusi e punirne i responsabili?
Quello che è certo è che i responsabili dell’assalto dal punto di vista operativo Canterini, Mortola, Gratteri e Luperi sono stati promossi. Che il capo della polizia dell’epoca, De Gennaro, è stato addirittura messo a capo di Finmeccanica. Che i provvedimenti legislativi richiesti anche dalla Corte, e cioè l’introduzione del reato di tortura nei nostri ordinamenti e quella del numero identificativo degli agenti, continuano a latitare.
La Corte ha quindi ravvisato varie violazioni da parte dell’Italia a partire dall’esame del reclamo di Arnaldo Cestaro, all’epoca dei fatti sessantaduenne, aggredito e massacrato mentre si trova nella scuola al pari di molti altri, riportandone varie fratture e un sentimento di paura ed angoscia permanenti. In primo luogo una violazione diretta dell’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali, dato che il comportamento degli agenti penetrati nella scuola Diaz ha integrato il reato di tortura, volendo realizzare uno scopo punitivo, di rappresaglia, mirante a provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime, insomma un comportamento ben qualificabile come tortura ai sensi dell’art. 1 della Convenzione internazionale in materia.
La Corte ha rigettato al riguardo le ridicole giustificazioni addotte dal governo italiano secondo il quale il comportamento degli agenti sarebbe stato dovuto al “clima di tensione” esistente, trattandosi piuttosto di un’operazione ad uso e consumo dei media per la quale sono state adottate modalità operative del tutto incompatibili con l’art. 3 della Convenzione europea e con il diritto internazionale applicabile.
Ma non basta. La Corte ha censurato anche il comportamento del governo italiano volto a ritardare o impedire l’identificazione dei responsabili di tali crimini e la rilevata assenza del crimine di tortura. Tutte circostanze che, impedendo la tempestiva punizione dei responsabili, hanno agevolato la prescrizione dei reati loro ascrivibili. Il quadro per nulla lusinghiero che ne emerge è quello di un Paese votato all’ingiustizia e all’arbitrio. Il Paese in cui purtroppo viviamo.