Alla Diaz fu tortura anche se i giudici italiani, in assenza di un reato specifico nel codice, non hanno potuto scriverlo nero su bianco. La Corte Europea per i Diritti Umani, per l’ennesima volta, si rivela uno dei pochi fari rimasti alla civiltà di fronte alle assurdità di certa politica.

Per una strana coincidenza, questa sentenza, arriva proprio a pochi giorni da un anniversario importante per il dibattito sulla tortura: la volta che il Parlamento italiano, fu ad un passo dall’approvazione di quel reato che la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, convenzione che il nostro Paese aveva ratificato nel 1984 ma alla quale non aveva dato esecuzione, prevedeva introducessimo nel nostro ordinamento.

Era fine aprile del 2004 ed una conquista di civiltà del genere, ha rischiato grottescamente di portare il nome di Bossi, Calderoli e Castelli; per il leghismo pre-Salvini però era tortura solo laddove la minaccia o la percossa fossero “reiterate“. D’altronde Carolina Lussana, leghista relatrice dell’emendamento, non fece mistero delle ragioni che avevano portato la Lega a ribaltare il testo bipartisan, con primo firmatario Violante, che conteneva una formulazione “classica” del concetto di tortura: “Abbiamo sentito l’obbligo morale di proteggere da ingiuste accuse le nostre forze dell’ordine”.

Via la complessa formulazione concettuale che c’è dietro la violenza fisica e psicologica commessa a danno di un individuo privato della libertà personale, via la battaglia civile che avrebbe voluto introdurre un reato apposito per colpire l’abuso di potere: i leghisti di inizio millennio immaginavano di sanzionare la tortura “a punti”, come si fa con le infrazioni stradali: una manganellata? E’ violenza privata. Tre? E’ tortura. Costringere, sotto minaccia, qualcuno in stato di fermo a cantare “Faccetta nera”?

Dovrebbe essere considerato un atto di tortura a prescindere ma magari, se l’emendamento fosse passato, sarebbe stata tortura solo al punto”…aspetta e spera che già l’ora si avvicina…” non una strofa prima. Quasi undici anni dopo, la sentenza della Corte Europea per i Diritti Umani arriva a tutti coloro che da anni si sentono ripetere (la sciocchezza bipartisan) “non serve un reato di tortura, l’ordinamento italiano ha strumenti a sufficienza per punire i reati compiuti dalle divise” come un certificato di buona salute mentale: ora lo dice anche l’Europa, non siete pazzi, l’Italia ha veramente un serio problema nel rapporto tra autorità e cittadini.

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