Cinquant’anni fa prendeva corpo una delle trilogie cinematografiche più importanti, famose e ben riuscite dell’intera storia del cinema. Parliamo di quella che solo successivamente fu ribattezzata “Trilogia del dollaro” e che nacque da uno dei sodalizi cinematografici più fortunati di sempre, quello fra Sergio Leone ed Ennio Morricone. Tre film (Per un pugno di dollari – 1964 -, Per qualche dollaro in più – 1965 – e Il buono, il brutto, il cattivo – 1966) non concepiti inizialmente per far parte di una trilogia ma solo successivamente così inquadrati a causa di tutta una serie di elementi che ne concorrono a formare l’unicità. A partire dai personaggi, con la costante dell’Uomo senza nome che, interpretato da un giovanissimo Clint Eastwood, attraversa con gli stessi indumenti, indistintamente, tutti e tre i film, e a finire con le musiche di Morricone, che non solo donano alla trilogia quell’anima, quel respiro altrimenti difficilmente raggiungibili, ma segnano inoltre quell’elemento distintivo, inconfondibile che, insieme alla magistrale regia di Leone, e’ firma di uno dei capitoli più felici dell’arte cinematografica.
Cosa rende i pezzi principali di quei capolavori così immediatamente riconoscibili nonché fra loro direttamente assimilabili? Quale il segreto di una così magica familiarità, funzionale a conferire spessore e profondità a livello tanto drammaturgico quanto psicologico? Puo’ darci una mano in questo senso il musicologo Sergio Miceli, forse uno dei più autorevoli studiosi del catalogo cinematografico morriconiano. Come infatti recita nel libro “Musica per film” edito da LIM: “Nella cosiddetta trilogia del dollaro (…) le musiche per i titoli di testa sono formate da tre segmenti autonomi (…). Il primo, di carattere arcaico (…), e’ sempre affidato a strumenti poveri [fischio umano, marranzano, argilofono (…)]; il secondo attualizza e “urbanizza” quel clima attraverso l’aggressività tipicamente rock della chitarra elettrica (…) mentre il terzo, smaccatamente celebrativo (…), e’ affidato a un coro maschile vocalizzante e all’orchestra d’archi”.
E non è senza un certo stupore che, ascoltando le musiche dei titoli di testa dei nostri tre film, ci si accorge come il tutto funzioni proprio secondo la lucida analisi del Prof. Miceli. Stupore, il nostro, che non può certo eguagliare quello che lo stesso Morricone ha provato ascoltando, di persona e dalla bocca di Miceli, la medesima analisi, commentando il tutto con le parole “E’ incredibile: quando Miceli analizza, scopro quello che ho scritto! Io non c’ho pensato, quando ho composto queste musiche pensavo a tutt’altro”. Lavoratore infaticabile, il Maestro Morricone ha dato prova, nel corso della sua lunga carriera, di sapersi destreggiare con incredibile facilita’, nonché felicita’ nei risultati, tra generi e ambiti musicali separati da distanze solo apparentemente incolmabili fin quando a cimentarvisi non giunge uno dei massimi musicisti del nostro tempo.
Dalla canzone leggera alle sperimentazioni contemporanee col Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, dalla musica per film alla musica da camera, corale e orchestrale Morricone ha saputo sintetizzare i linguaggi del suo tempo fondendoli con quelli del passato, di quel glorioso passato studiato sotto la sapiente guida, e in qualità di allievo prediletto, di G offredo Petrassi. Una serie di collaborazioni poi, in ambito cinematografico, che confermano l’incredibilità versatilità, mai a scapito ma anzi tutta a favore del livello qualitativo della sua scrittura, che il Maestro romano ha all’attivo nella lunghissima lista dei suoi lavori per il cinema: da Sergio Leone a Bernardo Bertolucci, da Marco Bellocchio a Pier Paolo Pasolini, da Elio Petri a Roberto Faenza e ancora oltre con i fratelli Taviani, Valerio Zurlini, Brian De Palma e Giuseppe Tornatore che, come indica nuovamente Miceli, rappresenta uno “fra i rapporti più costanti” della sua carriera cinematografica, sebbene “film come Nuovo Cinema Paradiso e i successivi hanno richiesto soluzioni di mera convenzionalità drammaturgico-musicale”. Poco a che vedere insomma con l’originalita’ d’impianto e la carica sperimentale insita nelle musiche scritte per la Trilogia del dollaro che, appena cinquant’anni or sono, cambiava di colpo le regole del western. Lui, classe 1928, si prepara a una serie di concerti in diverse città europee. Sarà infatti il 28 marzo ad Amburgo, il 30 a Francoforte, l’11 aprile a Zagabria, il 15 maggio a Casalecchio di Reno (Bo), l’11 luglio a Nîmes e il 12 settembre a Verona: caldamente raccomandato esserci.