Ecco la delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione: dieci i punti caldi, a partire dalla scelta dell'azienda senza gara d'appalto e senza "una preventiva ricerca di mercato". Dubbi anche sulla ripartizione dei ricavi, stimati in 40 milioni di euro, di cui il 5% resterà alla società pubblica che organizza l'evento
Dedicare Expo all’alimentazione e rischiare di lasciare i visitatori senza ristoranti italiani. È lo spettro che accompagna l’amministratore delegato, Giuseppe Sala, da quando martedì ha ricevuto i rilievi dell’autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone sull’appalto diretto affidato a Eataly: ottomila metri quadrati, 20 ristoranti e circa 2,2 milioni di pasti da distribuire. Il tutto assegnato senza gara d’appalto.
L’anticorruzione il 29 gennaio ha chiesto la documentazione relativa al contratto. Sala ha subito spiegato che era stato assegnato direttamente per “l’unicità” della catena di Farinetti e ha consegnato quanto chiesto. Svolti tutti gli accertamenti, Cantone il 7 aprile ha risposto, chiedendo nuova documentazione e sollevando numerosi dubbi sulla legittimità del contratto stesso.
In tre pagine che il Fatto ha potuto leggere, Cantone, dopo aver ricordato che l’appalto è stato deliberato dal cda nel giugno 2013, quindi quando ancora l’autorità che presiede non era stata istituita, avanza dieci rilievi specifici a Sala invitando la società a chiarire altrettanti aspetti dell’affidamento diretto sollevando più volte la violazione del Protocollo di legalità. “Quali sono le circostanze che hanno portato alla proposta di collaborazione avanzata da Eataly?”.
Secondo: “Sulla base di quali valutazioni è stata determinata l’unicità tecnica di Eataly, atteso che non risulterebbe effettuata alcuna preventiva ricerca di mercato”. E già questo sarebbe sufficiente a far preoccupare Sala: chi ha deciso, perché e sulla base di cosa? Ma è solo l’inizio. “Qual è l’importo atteso dei ricavi – indicato solo nel verbale del Cda in 44 milioni di euro – e, di conseguenza, su quali basi sono state determinate le royalties che la concessionaria retrocederà, quantificate nel 5% del fatturato, cui si somma un ulteriore 1% per fatturati sopra i 40 milioni”.
Esatto: da contratto a Farinetti spetta il 95% del fatturato che servirà anche a coprire le spese vive, ha più volte spiegato il patron di Eataly. E proprio alle spese Cantone arriva al quarto rilievo chiedendo “qual è l’ammontare stimato dei costi correlati alla concessione, essendo prevista la deduzione delle spese per la realizzazione delle celle frigorifere e risultando ‘a carico di Expo gli oneri derivanti dai consumi di elettricità e di acqua’”. E, in definitiva, “qual è il valore stimato del contratto di concessione da determinarsi ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo 163/2006” che regola gli appalti pubblici?
Leggendo i quesiti dell’Autorità anticorruzione il contratto tra Expo ed Eataly appare piuttosto lacunoso. O forse redatto con leggerezza. Tanto che al nono punto Cantone è costretto a rilevare come “l’inserimento della clausola per cui ‘il presente contratto può essere modificato solo su accordo di entrambe le parti da stipularsi per iscritto’ non appare ammissibile trattandosi di un contratto pubblico”. E manca la “previsione, tra le cause di risoluzione per inadempimento e le clausole risolutive espresse, della violazione agli obblighi derivanti dal Protocollo di legalità”. Ancora: “Non sono indicate penali legate al livello del servizio reso, nonostante tra le richiamate caratteristiche di unicità vi sia un’offerta alimentare di qualità a prezzi accessibili”.
Sulla presunta unicità Cantone però solleva un ulteriore dubbio: l’articolo due del contratto di concessione prevede che “all’interno del perimetro Eataly potrà altresì, previa approvazione da parte della direzione di Expo, organizzare e svolgere specifiche iniziative ed eventi culturali e didattici, volti a valorizzare la propria esperienza, a promuovere e valorizzare il patrimonio enogastronomico nazionale e a diffondere i valori connessi a Expo”. Ma così, scrive Cantone, “le vantate peculiarità di Eataly non risultano teleologicamente connesse con la prestazione dedotta in contratto, che, per come descritta, consisterebbe genericamente nella ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, ancorché di livello qualitativo elevato”.
Infine: visto che Eataly prevede di dividere gli spazi che ha ricevuto in concessione in 20 aree regionali con il coinvolgimento di circa 100 ristoratori, Expo “come intende regolare i rapporti con tali operatori terzi, anche nell’ambito del Protocollo di legalità?”. Protocollo che prevede, fra l’altro, controlli antimafia anche sui fornitori di vitto. Protocollo, va detto, firmato dallo stesso Sala. Ora la società ha pochi giorni di tempo per rispondere: perché avete affidato la ristorazione a Eataly?
Da Il Fatto Quotidiano di giovedì 9 aprile