Più del gol di Lulic, che ha eliminato il Napoli dalla Coppa Italia, poté lo sfogo di Aurelio De Laurentiis: il rapporto tra la società e Rafa Benitez è definitivamente rotto. Sul campo la squadra, dopo l’1-1 dell’andata, si è dimostrata ancora incapace di segnare (oltre a questo, solo un gol contro l’Atalanta e tre contro la Dinamo Mosca nell’ultimo mese) e si è arresa alla Lazio nelle semifinali di Coppa, dopo essere sprofondata a -8 dal terzo posto in campionato, occupato sempre dai biancocelesti. E’ stato il patron con la sua irruzione in sala stampa a fine partita a decretare la fine dell’era Benitez. “Ho deciso che da domani e fino alla fine della stagione se non si cambia rotta la squadra starà in ritiro – ha detto De Laurentiis – Si deve cambiare registro e avere rispetto per i tifosi e la società. È una decisione mia”. Il ritiro, imposto unilateralmente dalla società, è qualcosa di più di uno schiaffo.
Il tecnico spagnolo a fine stagione lascerà Napoli, dopo avere vinto in due anni una Coppa Italia e una Supercoppa ed essere ancora in corsa in Europa League. Se per lui si parla con insistenza del Manchester City, per la panchina azzurra si fanno i nomi di Mihajlovic, Montella e Spalletti. Nomi importanti per una squadra da tempo in bilico sul crinale dell’affermarsi o meno come nuova potenza del calcio italiano. Negli ultimi anni ad arrivi importanti come Higuain e Callejon sono corrisposte partenze altrettanto importanti come Cavani e Lavezzi, e la società è l’unica di tutta la Serie A a chiudere ogni anno il bilancio in attivo. Secondo un’inchiesta de Il Mattino i dieci anni di gestione targata De Laurentiis hanno portato nelle casse del produttore cinematografico un utile netto di 55,6 milioni (1,05 miliardi di ricavi a fronte di 935 milioni di spese), che cresce se si pensa che il patron ha versato di tasca sua 14,8 milioni intascandone però come amministratore del club 16,6.
Se poi si tiene conto che nel 2004 De Laurentiis pagò il club circa 30 milioni dal curatore fallimentare, e oggi la rosa secondo il portale Transfermarkt vale oltre 250 milioni, si capisce quanto il Napoli sia stato un affare dal punto di vista economico. Considerando che il club come Sscn è parte di Filmauro, il cui ultimo bilancio disponibile al 2013 segna un passivo di 1,7 milioni, ecco che il calcio, seppur non in maniera diretta dato che non c’è passaggio di denaro da controllata a controllante, serve a De Laurentiis per limare le perdite del cinema. Dopo il silenzio stampa ad aziendam, anche la sfuriata di De Laurentiis in sala stampa del San Paolo resta però una pellicola eccessivamente nervosa. C’erano modi migliori per accomiatarsi da Benitez. “Abbiamo visto partite di uno squallore non da Napoli – ha detto il presidente – Il ritiro sarà necessario fino a che non ci sarà concentrazione e condivisione delle finalità della stagione. Napoli è una città bellissima, piena di distrazioni per questi ragazzi ma il successo si basa sulla disciplina. Mi auguro che questo serva come una sterzata”.
E così tutti in ritiro punitivo durante la stagione, pratica che sembrava appartenere a un calcio diverso, antico. L’Olanda di Johan Cruyff e Rinus Michels fece scalpore quando aprì a mogli, figli, compagne e compagni dei calciatori il ritiro per preparare i Mondiali di Germania ’74. Ma l’Arancia Meccanica olandese era in anticipo sui tempi, in campo e fuori. In Italia, dove storie e leggende sui ritiri, tra incontri e scontri, scappatelle e fughe, hanno assunto valore epico, ancora dopo l’82 si celebrava come decisivo il ritiro con cui Bearzot compattò contro il mondo esterno la squadra. Dalle famose partite a briscola degli azzurri, che poi avrebbe vinto il Mundial spagnolo, sono però passati oltre trent’anni. E i calciatori dell’attuale Serie A raccontano che oggi in ritiro ognuno sta per i fatti suoi, con telefonino o play station, in giornate lunghissime che sembrano non passare mai. Per questo la maggior parte delle squadre ha oramai abbandonato l’idea del ritiro punitivo, giudicandolo controproducente. Tranne De Laurentiis che forse, dato il declino del cinema contemporaneo, vuole provare a riproporre pellicole vintage.