Editoriale di Michele Santoro, che apre la nuova puntata di Servizio Pubblico sulle note de “Gli immortali” di Jovanotti. “Io questa sera mi vergogno un po’ di quello che non sono riuscito a fare” – esordisce – “Viviamo ormai incatenati a un computer che trabocca di rabbia. Viviamo in una piazza virtuale, pronti a seguire l’ultimo coglione che dice che è tutta colpa dei rom. E poi uno entra armato in un tribunale e fa una strage. Io sono un laico e penso che i luoghi dove si amministra la legge, le università sono sacri. L’assassino di Milano non sembra un folle, tanto crudele è la sua determinazione nell’ammazzare, ma vedo in lui una specie di avversione per la legge”. E aggiunge: “Perché non ci incazziamo con quelli che sfruttano gli immigrati, che li fanno lavorare per pochi euro al giorno? Nella sentenza della corte europea sul reato di tortura c’è scritto che la polizia italiana è omertosa, e questo è un problema politico. Volevamo costruire una società normale, fondata sul principio di responsabilità, soprattutto dove chi sbagli paga e invece viviamo in giorni impazziti. Le persone come me” – continua – “quando vedono leader che si esprimono nei confronti dei rom con espressioni che calpestano la nostra Costituzione si indigna con i politici che non intervengono. Noi i mostri li sappiamo vedere quando vengono da lontano ma non li riconosciamo quando vivono in mezzo a noi”. E sottolinea: “Esistono candidature di persone che non rappresentano i cittadini, portaborse, allora in questa situazione la politica diventa appannaggio dei soliti gasati. In questi giorni impazziti dobbiamo stare attenti, perché in questi giorni impazziti si fa la storia e noi, pochi o molti, dove siamo?”
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