Eco mobilità

Car2go, la prova del Fatto.it: ecco come funziona il car sharing della Smart

La registrazione on line, la consegna della tessera, il pagamento, il parcheggio nelle aree blu: così funziona, in concreto, il car sharing a flusso libero della Smart

Car2go ed Enjoy arrivano a Torino, dopo avere invaso di “macchine pubbliche” Milano, Roma e Firenze. Mi sembra un’ottima occasione per testare sul campo il nuovo sistema di “car sharing a flusso libero” che sta impazzando nelle grandi città italiane. Vado a Torino l’8 aprile, giorno d’inaugurazione del servizio Car2go creato dalla Daimler, e lì scopro che mentre le piccole Smart bianche e blu stanno arrivando sulle strade del capoluogo piemontese con un primo lotto di 100 unità (a regime saranno 450), le 500 rosse del servizio concorrente, Enjoy di Fiat ed Eni, non sono ancora pronte. Un bello smacco per la Fiat, farsi soffiare il primato nella sua città.

Registrazione e “tesseramento”

Mi reco all’incrocio fra via Roma e piazza Castello, dove Car2go ha allestito un gazebo per le registrazioni. Sì, perché la prima cosa che si deve fare è ottenere la tessera azzurra. “Molto diligentemente”, come osserva l’addetta, mi sono già registrata sul sito, così mentre gli altri compilano i moduli con i dati personali e gli estremi di patenti e carta di credito, io consegno semplicemente il mio codice QR e attendo che la hostess controlli che i dati della patente siano veritieri. Subito dopo mi consegna la mia tessera Car2go. Fino alla fine di aprile è gratis, mentre dopo bisognerà pagare 19 euro, iscrivendosi on line oppure in Corso Stati Uniti 16/G. Sono quasi pronta per partire, mi manca solo l’app sullo smartphone, che “poco diligentemente” non ho pensato di scaricare. Lo faccio al volo, perché per il primo noleggio non posso semplicemente avvicinarmi a una delle Smart bianche e blu in sosta, ma devo prima prenotarla col cellulare: è la procedura, mi dicono, ma solo per la prima volta. L’app mi servirà comunque ogni volta che vorrò usare il servizio per individuare le auto sulla mappa.

La Smart mi interroga

Individuata la “mia” macchina, avvicino la tessera nuova di zecca al sensore sul parabrezza e magicamente l’auto si apre. Mi accomodo mentre lo schermo sulla consolle centrale mi accoglie chiamandomi per nome, e chiedendomi di inserire il codice pin che avevo scelto quando mi ero registrata. Ne ho scelto uno a prova di amnesia, lo digito. Poi il sistema mi chiede se l’auto presenta danni (rispondo “no”) e di giudicare la pulizia esterna e interna: in entrambi i casi rispondo con una faccina sorridente, perché la Fortwo è immacolata. A questo punto posso prendere la chiave dall’alloggiamento a fianco del touch screen e avviare il motore.

Si gira bene, ma non si sa quanto si spende

La Smart ha il cambio automatico, naturalmente, e quindi non c’è nemmeno bisogno di prendere confidenza con la frizione. Parto. La fortwo mantiene le promesse di auto adatta alla città – manovrabilissima, ma sui pavimenti lastricati del centro di Torino è rigida da far saltare le otturazioni – e mi porta in giro per la città per una quarantina di minuti, come scoprirò solo dopo, quando dalla Moovel (così si chiama l’azienda di Car2go) mi arriverà una mail che mi informa dell’addebito su carta di credito di una fattura da 13,34 euro, ossia 0,29 al minuto per i primi 30 minuti, poi inizia anche la tariffazione al chilometro. Non riesco a ricostruire più precisamente il costo del mio vagheggiare torinese, perché lo schermo della Smart indica una serie di informazioni più o meno interessanti (fra cui un giudizio sulla gestione del freno e sul consumo) ma non dice una cosa fondamentale, cioè da quanti minuti è iniziato il noleggio e quanto si è già speso. Un’informazione che si trova sui display dei taxi, ma non qui.

Il bello di non pagare la sosta sulle strisce blu

Ignara di quanto spenderò, gironzolo per Torino – nelle Ztl ma non sulle corsie di bus e tram – e provo pure a usare il navigatore. Ha una grafica vecchiotta ma è efficace, e sarà uno strumento utilissimo per chi usa il car sharing “in trasferta”, magari una volta sceso dal treno. La giornata è limpida e il traffico fluido, viaggiare è un piacere. Ma è quando decido di fermarmi e devo parcheggiare l’auto che avverto tutta la grandezza del car sharing, e capisco perché decine di migliaia di persone lo scelgano ogni giorno in Italia. Mi basta trovare uno spazietto di tre metri in cui abbandonare l’auto: lo individuo sulla strisce blu e non mi preoccupo né di cercare le monete e il parchimetro, né tantomeno di ricordare dove ritrovare l’auto. Semplicemente spengo il motore, rispondo “sì” allo schermo che mi chiede se voglio terminale il noleggio, obbedisco all’ordine di verificare se ho spento le luci e se ho alzato i finestrini, e ho 15 secondi per recuperare la borsa e scendere dall’auto (sembrano pochi ma bastano e avanzano). Allontanandomi, mi giro e saluto mentalmente, senza nostalgia, quella che è stata la “mia” Smart per meno di un’ora. So che altre 99 mi aspettano in giro per Torino.