Sì defintivo del Senato alla riforma delle misure cautelari. L'arresto diventa la "extrema ratio", pm e giudici obbligati a privilegiare misure alternative come obbligo di dimora o ritiro del passaporto. Anche per i reati più gravi, con l'esclusione di fatti di mafia e terrorismo. Ecco le principali novità
Manette più difficili per tutti i reati, dall’omicidio alla violenza sessuale alla corruzione, a parte la rituale eccezione su mafia e terrorismo. Ieri, mentre l’attenzione di tutti era assorbita dalla strage del tribunale di Milano e dalla fuga del killer bloccato poi in Brianza, il Senato ha approvato definitivamente la riforma delle misure cautelari, e al momento del voto non c’è stata partita: 177 sì, 12 no e 30 astenuti, in un’aula per la verità semivuota. Ad annunciare l’astensione, che nell’aula di Palazzo Madama vale un no, è stato il Movimento 5 Stelle. Perché, ha spiegato in aula Maurizio Buccarella, la Camera aveva escluso il voto di scambio tra i reati per cui, in sostanza, sarebbe rimasta in vigore la “vecchia” custodia cautelare, ed è stata respinta la proposta grillina di “salvare” dalla riforma anche i reati contro la pubblica amministrazione. Il succo del provvedimento è che la custodia cautelare in carcere diventa la “extrema ratio“, l’ultima spiaggia. In fase di indagine, pm e gip dovranno obbligatoriamente privilegiare altri provvedimenti come l‘obbligo di dimora, il ritiro del passaporto, il divieto di esercitare una professione, la sospensione dal pubblico ufficio…). E se decideranno per il carcere, dovranno motivare la scelta in modo più preciso rispetto a oggi, e provare non solo il pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato, come avviene oggi, ma anche che questo pericolo sia “attuale“.
“Un segnale di civiltà giuridica e un passo avanti nel rispetto dei principi costituzionali”, ha commentato il viceministro della Giustizia, Enrico Costa (Ncd). “Il provvedimento – sottolinea – avrebbe forse potuto essere più incisivo e certo non esaurisce tutte le tematiche connesse alla privazione della libertà in assenza di una condanna definitiva”. Gli arresti per custodia cautelare negli anni sono diminuiti, ha spiegato Costa, ma i numeri sono ancora “elevati”: nel 2009, il numero dei detenuti in custodia cautelare era di 29.809, pari al 46% del totale della popolazioe carceraria; il dato di oggi è di 18.622, il 34,5%. “Questi dati rivelano come troppe volte l’applicazione della custodia cautelare non costituisca l’extrema ratio, ma assuma connotati diversi, come quelli di un’anticipazione della pena”, ha sostenuto il viceministro. Che infine ha invitato a riflettere sul fatto che “in molte occasioni i destinatari di misure cautelari personali vengono, dopo anni, assolti: i numeri parlano chiaro, dal 1991, lo Stato ha pagato quasi 600 milioni di euro a più di 20 mila persone per riparazione per ingiusta detenzione, anche per effetto di sentenze definitive che hanno assolto persone che erano state arrestate”.
Per il ministro Pd della Giustizia Andrea Orlando quello approvato “è un provvedimento di grandissima importanza che consente di dare una risposta ulteriore e definitiva alla questione sollevata dalla Corte di Strasburgo” in materia di sovraffollamento carcerario.
Ecco, in sintesi, le principali novità della nuova legge.
CARCERE COME EXTREMA RATIO. Saltano gli attuali automatismi applicativi: la custodia cautelare in carcere potrà essere disposta soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive. Tali misure, a differenza di quanto è previsto oggi, potranno applicarsi cumulativamente.
GIRO DI VITE SU PRESUPPOSTI CARCERAZIONE. Per giustificare il carcere, il pericolo di fuga o di reiterazione del reato non dovrà essere soltanto concreto (com’è oggi) ma anche “attuale”.
VALUTAZIONE STRINGENTE. Il giudice non potrà più desumere il pericolo solo dalla semplice gravità e modalità del delitto. Per privare della libertà una persona l’accertamento dovrà coinvolgere elementi ulteriori, quali i precedenti, i comportamenti, la personalità dell’imputato…
MOTIVAZIONE ARTICOLATA. Gli obblighi di motivazione si intensificano. Il giudice che decide per il carcere non potrà infatti più limitarsi a richiamare gli atti del pm, ma dovrà dare conto con autonoma motivazione delle ragioni per cui anche gli argomenti della difesa sono stati disattesi.
MISURE INTERDITTIVE PIU’ EFFICACI. Aumentano (dagli attuali 2 mesi) a 12 mesi i termini di durata delle misure interdittive (sospensione dell’esercizio della potestà dei genitori, sospensione dell’esercizio di pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali) per consentirne un effettivo utilizzo quale alternativa alla custodia cautelare in carcere.
REATI GRAVI E DI MAFIA. Per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria. Per gli altri delitti gravi (omicidio ad esempio, violenza sessuale, sequestro di persona per estorsione…) vale invece una presunzione relativa: niente carcere se si dimostra che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.
CONTROLLI RAFFORZATI. Cambia in profondità la disciplina del riesame delle misure cautelari personali. Il “Tribunale della libertà” avrà tempi perentori per decidere e depositare le motivazioni, pena la perdita di efficacia della misura cautelare. Che, salvo eccezionali esigenze, non potrà più essere rinnovata. Il collegio del riesame dovrà inoltre annullare l’ordinanza liberando l’accusato quando il giudice non abbia motivato il provvedimento cautelare o non abbia valutato autonomamente tutti gli elementi. Tempi più certi anche in sede di appello cautelare e in caso di annullamento con rinvio da parte della Cassazione.