L’avvocatura è sgomenta per il gravissimo fatto di ieri. Si stringe attorno ai familiari delle vittime, commemorando (oggi) e rispettando al contempo l’avvocato e il giudice caduti sotto la follia di un pazzo criminale. Entrambi uccisi in un luogo che dovrebbe consacrare la Giustizia, solennemente, rigorosamente ed efficacemente.
Che il silenzio induca tutti a riflettere. Ma che il silenzio non ci paralizzi.

Da anni ricordavo a colleghi avvocati e magistrati come nel tribunale di Milano appariva evidente che chiunque potesse entrare anche con un bazooka. Forse sono pure io responsabile perché non ho contribuito a denunciare un sistema fallace, lamentandomi solo con chi non ne avesse la diretta responsabilità. Avrei potuto inviare missive e denunciarlo qua pubblicamente. Non l’ho fatto e me ne scuso.

Il tribunale meneghino (certamente enorme nelle sue dimensioni) ha almeno 4 entrate ufficiali (ed altri vari pertugi), un sistema di varchi con metal detector però sottratto ai soggetti dotati di apposito tesserino (giudici, avvocati, personale amministrativo e forze dell’ordine), documento però volendo anche facilmente falsificabile atteso che nessuno ne controlla mai la veridicità attraverso la verifica del microchip. Un sistema di vigilanza ‘privato’ non sempre vigile. Alle volte distratto. Da oggi certamente cambierà tutto, almeno per i prossimi 6 mesi (in Italia lo stato di allerta non va oltre un semestre, poi si dimentica).

Da notare come il sistema della sicurezza degli uffici giudiziari italiani sia assolutamente variegato (al pari dell’organizzazione, della giurisprudenza, delle prassi etc.) così che si va da uffici giudiziari di straordinaria efficienza e controllo (con varchi e metal detector obbligatori per tutti) ad altri dove i varchi nemmeno esistono o funzionino! Da tribunali indecenti e indecorosi a tribunali gioiello. Il federalismo ‘cazzaro’ all’italiana. Ciò che è certamente intollerabile è che dunque nel luogo di culto della giustizia (che dovrebbe rappresentare il rigore, la credibilità delle istituzioni di un Paese intero), soprattutto se in un centro nevralgico come a Milano e a 20 giorni dall’Expo (vetrina agli occhi del mondo intero), chiunque possa entrare armato e impunemente fare una carneficina. Per poi uscire altrettanto impunemente.

La follia certamente si sarebbe potuta manifestare in un ospedale o in Comune. Si è consumata in tribunale, occasionata (forse determinata, ancorché del tutto ingiustificatamente) da un lungo processo di bancarotta. Il clima di odio contro i magistrati nulla centra, anche perché non c’è alcun clima d’odio. Che dovrebbe allora denunciare l’avvocatura a fronte di irragionevoli accuse quotidiane di lobbismo, di essere responsabile di tutti i mali e ritardi del processo, di avversare le riforme, di essere evasori, di essere cattivi? In un Paese normale i responsabili della sicurezza degli uffici giudiziari si sarebbero dimessi un minuto dopo: Alfano e Orlando non battono ciglio. Da noi funziona così.

Riflettiamo dunque anche nell’occasione sull’assoluta non assunzione di responsabilità che regna indisturbato in questo Paese (il caso Diaz ancora ce lo ricorda in questi giorni), sulla superficialità, sulla cialtroneria, sulla impunità, sul permissivismo, sulla reattività espressa solo dinanzi alla gravità di un fatto ritenuto eccezionale e che invece non lo è. Gravi vizi che ammorbano la nostra società, destinata così a non cambiare, talmente si è assuefatta e incancrenita. Possiamo pretendere che chi sbagli in questo Paese una volta tanto paghi?
Reagiamo tutti, dopo il silenzio e il contegno.

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