I dati dell'istituto di previdenza mostrano che sono sì aumentate in modo consistente (+20,7%) le assunzioni a tempo indeterminato, ma nel frattempo sono calati i contratti a termine e di apprendistato. Risultato: la variazione statistica è stata nulla, a dispetto degli sgravi contributivi della legge di Stabilità
Il governo ha fatto 13. Dopo il tira e molla sui numeri delle nuove assunzioni propiziate dagli sgravi contributivi della legge di Stabilità, ad archiviare la controversia tra esecutivo, opposizione e sindacati ci pensano i dati indipendenti dell’Inps. Le tabelle diffuse venerdì dall’istituto di previdenza presieduto da Tito Boeri parlano chiaro: nei primi due mesi del 2015 i rapporti di lavoro attivati sono stati 968.883, cioè solo 13 in più rispetto ai 968.870 dei primi due mesi del 2014. La variazione statistica che ne risulta è pari a zero. Una doccia gelata per Giuliano Poletti e Matteo Renzi, impegnato nel frattempo nel complicato parto del Documento di economia e finanza. A fine marzo il ministro del Lavoro e il premier avevano rivendicato con entusiasmo numeri – “79mila contratti stabili in più” – che si sono poi gravemente incompleti, visto che non tenevano conto delle cancellazioni, cioè dei rapporti di lavoro che nel frattempo erano giunti al termine.
Vero è che a gennaio e febbraio, i primi mesi di operatività della decontribuzione prevista dalla manovra 2015, sono aumentate in modo consistente le nuove assunzioni a tempo indeterminato: in tutto sono state 307.582, il 20,7% in più rispetto a quelle dello stesso periodo del 2014, prima dell’insediamento del governo Renzi. E sono cresciute del 7,4% anche le conversioni dei contratti di apprendistato. Peccato che il boom sia stato controbilanciato da un forte calo dei contratti a termine (-7%) e dei nuovi contratti di apprendistato (-11,3%), oltre che da una riduzione dell’11,2% delle conversioni a tempo indeterminato di rapporti a termine. Dato, quest’ultimo, che potrebbe risentire anche del fatto che molti datori di lavoro avranno rinviato le trasformazioni a marzo, quando è entrato in vigore il primo decreto attuativo del Jobs Act, quello che introduce il contratto a tutele crescenti con applicazione limitata dell’articolo 18. Il risultato finale, comunque, è che la variazione complessiva è stata, appunto, nulla. L’Inps segnala per altro, a scanso di equivoci, che sono stati rilevati tutti i rapporti di lavoro attivati nel periodo, “anche quelli in capo a uno stesso lavoratore, con riguardo a tutte le tipologie di lavoro subordinato, incluso il lavoro somministrato e il lavoro intermittente”.
Sempre a gennaio e febbraio 2015 le conversioni a tempo indeterminato di rapporti a termine e gli apprendisti trasformati in tempi indeterminati sono stati 95.804, cifra che porta i nuovi rapporti di lavoro stabili a quota 403.386. Di conseguenza la quota di nuovi rapporti di lavoro stabili è passata dal 37,1% del primo bimestre 2014, al 41,6% dei primi due mesi del 2015. La “qualità” del lavoro, dunque, migliora, nel senso che una parte di quanti avevano contratti precari sono stati stabilizzati. Ma i freddi numeri, quelli che come è noto Renzi snobba, non permettono certo di festeggiare. Come attestato per altro dagli ultimi dati Istat sulla disoccupazione, di nuovo in aumento.