Bergoglio consegna la bolla di indizione dell’Anno santo straordinario della misericordia. Ai più stretti collaboratori ha spiegato che l'evento sarà completamente diverso da quello di quindici anni, che venne trasformato in un "luna park mediatico"
Il Papa dice no al Giubileo “modello 2000” per evitare il bis dello scandalo della “cricca”. Davanti alla Porta Santa della Basilica Vaticana, Bergoglio consegna la bolla di indizione dell’Anno santo straordinario della misericordia, Misericordiae vultus, una vera e propria enciclica, non solo per la mole del documento. Ai suoi più stretti collaboratori Francesco ha spiegato che il suo sarà un evento completamente diverso da quello che quindici anni fa ha coronato il lungo pontificato di San Giovanni Paolo II, ma ha aperto anche la porta alla stagione degli scandali. Perché è proprio di questi ultimi che Bergoglio ha paura ed è determinato a evitare che il suo si trasformi, come nel 2000, in un “luna park mediatico“, da qualche autorevole commentatore ribattezzato persino il “Giubileo della cricca“.
Un aspetto su cui vigilerà il “ministro vaticano dell’economia”, il cardinale George Pell. “Per il futuro – ha dichiarato il porporato australiano – tutto il lavoro dei comitati per il Giubileo avverrà sotto le nuove procedure finanziarie. Nel preventivo, spiegheremo i costi di tutti i diversi centri. Per la prima volta nella storia del Vaticano, almeno due-tre-quattro volte all’anno noi controlleremo i costi con i preventivi. Speriamo ovunque di evitare gli scandali e certamente anche per un evento così questa sarà la nostra ambizione”. Un impegno concreto chiesto anche dal Movimento 5 Stelle in una lettera al “regista” dell’Anno Santo, monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione ed ex cappellano di Montecitorio. I parlamentari grillini, infatti, auspicano che quello dedicato alla misericordia “sia anche ricordato come il Giubileo dell’onestà”.
L’organizzazione dell’Anno Santo del 2000 fu duramente condannata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. Il futuro Papa, pur non definendosi un vero e proprio “nemico del Giubileo”, si dichiarò una di “quelle persone che hanno riserve, o non hanno il dono di essere sempre in atmosfera festosa e di amare una celebrazione dopo l’altra”. Ma nella sua bocciatura dell’organizzazione del mega evento Ratzinger fu ancora più chiaro: “Ieri ho sentito al telegiornale che ci saranno 140 celebrazioni durante tutto il Giubileo. Devo dire che anche io sono una di quelle persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente”. Parole che suonarono come un duro fendente per l’allora arcivescovo Crescenzio Sepe, creato cardinale nel 2001 al termine dell’Anno Santo da San Giovanni Paolo II insieme a Bergoglio, che di quel mega circo mediatico fu il grande regista.
Francesco condivide pienamente la posizione di Ratzinger e vuole che ciò sia evidente sin da subito nell’organizzazione del suo Giubileo. Non a caso il Papa non ha voluto mettere in piedi una struttura ad hoc per l’evento, ma lo ha voluto affidare al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Un segnale chiaro: quello di Bergoglio sarà un Giubileo all’insegna della spending review vaticana, in quel clima di riforme economiche segnate dall’affermazione della trasparenza finanziaria e dalla lotta al riciclaggio di denaro sporco. Francesco è cosciente che su questo non si può sbagliare e ricadere negli orrori del passato. In quella gestione che, oltre a Sepe, ha visto protagonisti l’ex provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci, il costruttore Diego Anemone, entrambi coinvolti nell’inchiesta sulla “cricca della Ferratella“, l’ex numero uno della Protezione civile Guido Bertolaso e l’ex ministro berlusconiano Pietro Lunardi.
Il Giubileo di Francesco, invece, sarà un evento fortemente pastorale, segnato dal “decentramento romano” con la possibilità di essere celebrato anche nelle chiese periferiche del mondo. Un modo per accelerare le riforme contro il “fuoco amico” della Curia romana. Don Filippo Di Giacomo sul Venerdì di Repubblica ha sottolineato che “al Pontefice non interessa in quanti giungeranno a Roma, piuttosto in quanti torneranno in chiesa e magari potranno ricevere l’eucarestia”. Un messaggio chiaro anche ai padri sinodali che, dal 4 al 25 ottobre 2015, ovvero a due mesi dall’apertura del Giubileo, dovranno trovare soluzioni concrete per l’accoglienza dei divorziati risposati “nell’ovile della Chiesa”, secondo l’immagine usata da Bergoglio.