Lettera del presidente della commissione Industria del Senato dopo l’articolo de ilfattoquotidiano.it sulle partecipazioni dei parlamentari. “Sono il frutto di 40 anni di risparmi miei e di mia moglie. Mai speculazioni”
Caro direttore,
sul ilfattoquotidiano.it, Lea Vendramel dà conto delle partecipazioni azionarie possedute dai parlamentari e dichiarate nei prospetti informativi disponibili sui siti di Camera e Senato. Nel farlo, si stupisce che il sottoscritto, presidente della Commissione Industria di palazzo Madama e in precedenza vicedirettore del “Corriere della Sera”, ne abbia oltre 70. Alberto Bombassei e Matteo Colaninno non la sorprendono, ma Massimo Mucchetti… La sorpresa genera commenti che insinuano un conflitto d’interessi nelle decisioni che, come parlamentare, sono chiamato a prendere nonché recriminazioni sulle retribuzioni della casta.
L’informazione credo vada integrata a beneficio dei lettori. L’accostamento a Bombassei e Colaninno temo sia, per così dire, sproporzionato. I due deputati controllano, direttamente e indirettamente, da soli o con altri familiari, imprese molto importanti come la Brembo, Immsi e Piaggio. Magari fossi nelle stesse condizioni. Le “oltre 70 partecipazioni”, che compaiono nella mia dichiarazione patrimoniale, altro non sono che la modesta componente azionaria della gestione patrimoniale nella quale sono stati a suo tempo versati i risparmi di mia moglie e del sottoscritto, due professionisti che lavorano da quasi40 anni.
Alla collega Vendramel sarebbe bastato confrontare il valore azionario totale (circa 120 mila euro) e quello delle singole 70 “partecipazioni” per togliersi qualsiasi dubbio circa eventuali speculazioni. Sarebbe inoltre bastato leggere la carta intestata (UBI Banca, private e corporate unit) per capire che la decisione di quali titoli comprare e quali vendere non è mia, del gestito, ma del gestore. Che lo fa in cambio di una commissione. Se l’espressione non facesse ridere, data la consistenza monetaria di cui si tratta, direi che la gestione funziona più o meno come un blind trust.
Una parola infine sulla remunerazione della casta e sul conflitto d’interessi, a beneficio di alcuni commentatori dell’articolo. L’indennità del Senato, pur integrata dalla diaria e da altre competenze, è nettamente inferiore alla retribuzione e alla copertura delle spese professionali che avevo al “Corriere” e, prima, all’ “Espresso”. Non so se tutti i parlamentari che danno fiato a certe accuse indiscriminate possano dire altrettanto.
Quanto al conflitto di interessi, esso si manifesta quando ce ne sia ragionevole materia. Se il gestore mi prendesse mille euro di azioni Coca Cola, tutti tranquilli: potrei votare l’abolizione delle bevande gassate senza perdere il sonno. Se poi le avesse prese e non me lo avesse detto perché non me lo deve dire, altrimenti viene meno la logica della gestione, di che cosa parliamo? Se il gestore è UBI Banca, di nuovo tutti tranquilli: è il gestore che insegue il cliente e non viceversa, e in ogni caso le mie posizioni sulla riforma delle banche popolari non sono state condivise dai vertici di UBI.
Senatore Massimo Mucchetti