Per la maggioranza non cambierà nulla. Ma una parte dei pensionati che a fine carriera avevano retribuzioni particolarmente alte si vedranno decurtare l’assegno e dovranno anche restituire i soldi in più ricevuti da gennaio a oggi. E’ l’effetto del ricalcolo delle pensioni previsto dalla legge di Stabilità 2015 e per il quale l’Inps ha solo venerdì scorso diffuso le linee guida operative. Il risultato, secondo le simulazioni de Il Sole 24 Ore, sarà che per esempio un magistrato andato a riposo a fine 2014 a 60 anni, con un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi e una retribuzione media pensionabile di 110mila euro, si vedrà ridurre il trattamento da 88.690 a 86.534 euro l’anno. Allo stesso modo, un docente universitario classe 1946 che abbia lasciato il lavoro a settembre 2014 dopo aver versato contributi per 40 anni e 8 mesi e con una retribuzione media pensionabile di 65.960 euro subirà un taglio di oltre 500 euro rispetto ai 50.940 annui a cui avrebbe avuto diritto in precedenza. E a entrambi lo Stato chiederà indietro quanto “indebitamente corrisposto” nel corso del 2015. “Indebitamente” non per colpa loro, si intende, ma a causa del ritardo con cui la circolare è stata emanata.
Un passo indietro: la novità deriva dall’applicazione del comma 707 della manovra varata dal governo Renzi lo scorso dicembre. Quel comma stabilisce che “in ogni caso, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti” prima della riforma Fornero di fine 2011, che ha esteso il sistema contributivo anche ai lavoratori che il 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contributi e fino ad allora si vedevano calcolare la pensione sulla base delle regole del vecchio sistema retributivo. L’intervento della Fornero comportava che chi aveva continuato a lavorare anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile potesse cumulare i benefici del generoso retributivo (fino a tutto il 2011) con il monte di contributi maturato tra il gennaio 2012 e l’effettivo pensionamento. Risultato: assegni “d’oro”, nel senso di più alti rispetto a quanto sarebbero stati con le regole precedenti. Soprattutto per i lavoratori con stipendi e anzianità contributive alti.