La recente questione della Scuola di Trieste che ha approvato il progetto “Il gioco del rispetto”, ha riportato alla ribalta le paure più profonde di una società che preferisce non vedere e non porsi il problema di tracciare delle linee educative che vanno a supportare il riconoscimento e la accettazione del diverso da me.
Del progetto presentato si sono presi in considerazione gli aspetti più folkloristici, il travestimento dei bambini, e più pruriginosi, l’invito alla conoscenza delle sensazioni del proprio corpo prima e dopo una attivazione motoria, che nei media è diventato l’esplorazione del corpo compresi i genitali.
Tutto questo fa perdere di vista il senso di un progetto mirato ad una riflessione, nel modo in cui possono farlo dei bambini tra i tre e i sei anni, sugli stereotipi maschili e femminili che da adulti rischiano di diventare delle dolorose gabbie.
Essere maschi e femmine riguarda la nostra biologia, diventare uomo e donna richiede un processo di apprendimento che inevitabilmente si rifà alla cultura dove si vive, ai valori e alle caratteristiche che vengono attribuite al “gruppo uomo” o al “gruppo donna” (gli stereotipi) che quella cultura propone.
L’inevitabile generalizzazione che lo stereotipo prevede, rischia di far perdere l’individualità della persona o peggio, rischia di far venire meno una capacità di critica e di creatività della persona stessa: avere categorie prefissate da una parte è molto rassicurante dall’altra ostacola una crescita personale.
In questo senso provare a mettersi nei panni di…, renderci conto che certe cose che pensiamo tipicamente maschili e/o femminili possono appartenere anche al genere opposto, confrontarci con gli stereotipi quindi, ci consente di osservare la varietà umana dove ognuno di noi può essere libero di sapere dove stare, cosa sentire, come sentirsi.
Educare all’uguaglianza ma anche al rispetto della differenza, non sono solo parole. E farlo a cominciare dalla scuola ha un senso formativo: i dati sul bullismo e sul sexting, per esempio, molto diffusi nel mondo adolescenziale, dovrebbero farci riflettere sull’importanza e la necessità di questa formazione.
Il passaggio proposto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità dalla prevenzione alla promozione è stato il salto qualitativo che ci può permette di non arrivare più a cose fatte, ma di provare a chiarire e confrontarci prima dell’instaurarsi del disagio, del malessere o del problema.
Dovremmo provare ad averne meno paura.