Il presidente e ad del gruppo pubblico è indagato per abuso d’ufficio per la costruzione della statale 275 Maglie-Leuca. E la Corte dei Conti del Lazio ne ha chiesto la condanna per danno erariale. Dopo i cedimenti di due strade in Sicilia e Sardegna Erasmo D'Angelis, coordinatore della struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto, gli ha chiesto di "assumersi le sue responsabilità". In serata la reazione: decisione "molto apprezzata"
Lunedì mattina i dubbi sono diventati certezza: il governo Renzi lo ha scaricato. Così al supermanager delle autostrade Pietro Ciucci non è rimasto che prendere atto della malaparata e annunciare la resa. Dopo l’assemblea di metà maggio si dimetterà dall’incarico di presidente e amministratore delegato dell’Anas, nel cui consiglio di amministrazione è rimasto solo da quando il 24 marzo, seguendo l’esempio di Maria Cannata, anche il consigliere Sergio Dondolini ha dato le dimissioni. Decisione obbligata, quella di Ciucci, dopo le dichiarazioni di Erasmo D’Angelis, responsabile della struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico. Che ha chiesto a mezzo stampa di finirla “con lo scaricabarile“. Alla lettura dei giornali è seguito, in mattinata, un faccia a faccia tra il boiardo di Stato e il neo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. Vertice che non deve essere stato uno scambio di cortesie visto che poche ore dopo sul sito dell’Anas è comparso un breve comunicato che informava della “intenzione di rimettere l’incarico”. A stretto giro fonti ministeriali hanno fatto filtrare che il passo indietro è “molto apprezzato” e “apre la strada a una nuova stagione per i lavori pubblici e per l’Anas, in sintonia con la discontinuità che si sta avviando anche al ministero“.
Il cursus honorum dall’indagine per abuso d’ufficio alla richiesta di condanna per danno erariale – Le due poltrone di Ciucci sono diventate bollenti dopo che il gruppo pubblico controllato al 100% dal Tesoro è finito nelle 268 pagine dell’ordinanza dell’inchiesta Sistema, quella che ha portato all’arresto dell’ex capo struttura di missione delle Infrastrutture Ercole Incalza e alle dimissioni del ministro Maurizio Lupi. A sancire l’epilogo dell’era del gran boiardo di Stato sono state però i disastri degli ultimi tre giorni: venerdì un pilone della Palermo-Catania ha ceduto, tagliando in due la Sicilia, e lunedì l’asfalto della statale 554, in Sardegna, si è aperto creando una voragine di oltre un metro. Smottamenti da cui è stato travolto pure il finora inamovibile boiardo di Stato, rimasto finora al suo posto nonostante sia indagato per abuso d’ufficio per i ritardi e le anomalie nella costruzione della statale 275 Maglie-Leuca e nel mirino della procura della Corte dei Conti del Lazio, che a fine marzo ne ha chiesto la condanna per danno erariale. L’accusa ritiene che Ciucci (e i tre condirettori generali del gruppo) debbano restituire 17,3 milioni di euro perché nel 2010 hanno pagato oltre 47 milioni a una società del gruppo Astaldi, contraente generale di un lotto della statale 106 Jonica, che lamentava di aver sforato i costi previsti dal progetto e chiedeva dunque un’integrazione. Prontamente concessa dopo la sottoscrizione di un “accordo bonario” finito nel mirino della magistratura contabile.
Il miracolo del manager uno e trino che licenziò risarcì se stesso – Indicativa la storia di come, nel 2013, il manager “uno e trino” ha dribblato l’ostacolo rappresentato dal fatto di aver superato i limiti di età per la carica di direttore generale, ruolo che ricopriva in aggiunta a quelli di presidente e ad. Con un escamotage memorabile l’ex manager dell’Iri ed ex amministratore delegato della Stretto di Messina spa si autolicenziò assegnandosi contestualmente una buonuscita di 1,8 milioni di euro comprensiva di “indennità di mancato preavviso“. E i suoi due scranni superstiti non hanno traballato nemmeno dopo l’approvazione del decreto Madia, che vieta di assegnare incarichi dirigenziali in società pubbliche a pensionati. Insieme alla norma, infatti, era arrivata anche la scappatoia: chi è già in carica non è tenuto a lasciare fino alla scadenza dell’incarico. Che nel caso di Ciucci, classe 1950 e riconfermato alla guida dell’azienda nell’agosto 2013 dal governo Letta, era prevista per il maggio 2016.
Finora il governo Renzi ha preso tempo. La svolta dopo i crolli stradali – Eppure l’azionista pubblico non riteneva che ci fossero ragioni sufficienti per sostituirlo. Né Ciucci prendeva in considerazione l’idea di lasciare, nonostante si fosse ritrovato solo in cda: l’assemblea convocata da lui stesso per giovedì 16, aveva chiarito, avrebbe provveduto a sostituire i consiglieri mancanti senza che l’operatività dell’azienda ne fosse inficiata. Ma alla fine, nel clima di rinnovamento seguito al cambio al vertice del ministero di Porta Pia e davanti alle polemiche per la drammatica debacle della rete stradale andata in scena nel fine settimana, Palazzo Chigi ha mollato la presa. Il segnale che il vento era cambiato è arrivato lunedì mattina quando D’Angelis, uomo vicino a Delrio e a Renzi, in un’intervista a La Stampa ha puntato il dito contro l’Anas affermando che “non può continuare con lo scaricabarile“. “A me sembrava già una vicenda incredibile il crollo di Capodanno del viadotto (lo Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento, vicenda per la quale Anas è finita sotto la lente dell’Autorità nazionale anticorruzione, ndr). Quest’altro caso, che conoscevano da dieci anni, mi sembra francamente imbarazzante“, il suo attacco. Poi la conclusione lapidaria: “Ognuno si deve assumere le sue responsabilità“.
La difesa della poltrona fino all’ultimo giorno – Annusata l’aria, è arrivata la decisione di fare un passo indietro. “In segno di rispetto per il nuovo ministro al fine di favorire le più opportune decisioni in materia di governance di Anas”, si legge nella nota ufficiale. Ma si tratta chiaramente di un addio, e pure non poco sofferto, visto che nelle ultime settimane Ciucci non ha fatto che rilasciare interviste per difendere l’operato dell’azienda, negarne qualsiasi coinvolgimento in vicende di tangenti (“l’inchiesta sul sistema Incalza? Siamo citati in tre paginette su 268 ma non ci sono fatti corruttivi”) e rivendicarne il perfetto funzionamento. L’ipotesi di un avvicendamento al vertice, a parte le dichiarazioni di maniera sul mandato “sempre a disposizione”, sembrava lontana dai suoi pensieri: “L’azionista non mi ha chiesto di dimettermi e farlo non sarebbe responsabile“, ripeteva ancora il 30 marzo. E domenica, dopo il cedimento del pilone dell’autostrada siciliana A19 a causa di una frana, al telefono con il presidente della Regione Rosario Crocetta aveva assicurato il “forte impegno” dell’Anas “a predisporre entro la prossima settimana il progetto di demolizione del viadotto Himera e ad avviare alcuni interventi di manutenzione straordinaria sui percorsi alternativi”.