Mentre cianciano e disquisiscono sul niente, ripresa che non arriva, tasse che non calano, corruzione che non diminuisce anzi dilaga e con questo niente riempiono le pagine dei giornali e la testa dei cittadini, in gran segreto gli esponenti dei partiti di ogni sponda e colore si riuniscono per studiare il modo migliore per tentare il grande colpo: reintrodurre il finanziamento pubblico. Non è una sorpresa per chi segue la materia, ma una certa impressione questo segreto lavorìo lo fa comunque. Non fosse altro perché è passato poco più di un anno da quando l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta decretò a furor di popolo la morte dei rimborsi elettorali per rimpiazzarli con il 2 per mille dell’Irpef che attraverso le dichiarazioni dei redditi i cittadini volenterosi potrebbero destinare al partito del cuore (si fa per dire).
TESORIERI IN PRESSING Merito della bravissima Wanda Marra aver scoperto i giochi e raccontato i retroscena dei riservati abboccamenti in un articolo (“Pochi soldi ai partiti pressing dei tesorieri per il finanziamento”) pubblicato proprio ieri sul “Fatto Quotidiano”.
Non è un sorpresa tutto questo attivismo, dicevo, perchè già un’altra volta, dopo che gli italiani con il plebiscitario referendum del 1993 avevano sentenziato (90,3 per cento) lo stop dei finanziamenti statali ai partiti, tesorieri e segretari amministrativi delle forze politiche avevano dovuto misurarsi con il problema delle casse vuote. E già, perchè quando si tratta di praticare l’unica alternativa possibile al foraggiamento pubblico, cioè ricorrere al finanziamento legato all’espressa volontà dei cittadini-elettori, si scopre puntualmente che gli italiani di Lorsignori e dello loro spese pazze non vogliono neanche sentire parlare.
DENARO A FIUMI Ci provarono infatti anche nel 1997 con la famosa contribuzione volontaria per destinare il 4 per mille ai partiti. In pratica, si dava la possibilità ai contribuenti di destinare questa quota dell’imposta sul reddito al finanziamento delle forze politiche. L’operazione si rivelò un fiasco totale, tanto che nel giro di un paio di anni, per non chiudere i battenti e dichiarare un generale fallimento, tesorieri e segretari politici furono costretti, tradendo la volontà referendaria, a varare i famosi rimborsi elettorali grazie ai quali negli anni seguenti hanno incamerato facili miliardi. Come le inchieste a firma di Antonio Pitoni e Francesco Giurato che su ilfattoquotidiano.it abbiamo avviato sugli incassi delle forze politiche, a cominciare da Forza Italia e dalla Lega Nord, ampiamente dimostrano.
AL LADRO AL LADRO Poi è arrivato Letta (Enrico) che, sotto la spinta delle proteste per le ruberie e le dissipazioni messe a segno dalla piovra partitocratica ad ogni livello, centrale e periferico, dalle segreterie romane ai consigli regionali e circoscrizionali, si è visto costretto a fine 2013 a varare la nuova normativa che entro il 2017 dovrebbe portare alla cancellazione del finanziamento pubblico e dei rimborsi elettorali.
Dovrebbe, perché vedete adesso come le cose stanno andando. Nelle intenzioni dell’ex premier defenestrato da Matteo Renzi, i partiti dovrebbero finanziarsi solo con le donazioni dei privati e il 2 per mille dell’Irpef. Peccato però che il nuovo sistema stia andando esattamente come doveva, cioè come l’altra volta: fiasco completo, giacché negli oltre 41 milioni di dichiarazioni 2014 presentate negli uffici finanziari, solo 16 mila sono stati i contribuenti che hanno generosamente messo la crocetta nell’apposita casella del finanziamento. Risultato: appena 325 mila euro destinati ai partiti. Una vera miseria rispetto alle decine e decine di milioni che i vecchi rimborsi elettorali assicuravano alle fameliche nomenklature.
ALLA LARGA DAI POLITICI Cosa ciò vuole dire è chiarissimo: di questi partiti, almeno di questi, gli italiani hanno le tasche piene. E non si venga a dire che siamo di fronte al solito qualunquismo e menefreghismo verso la buona salute della democrazia parlamentare. La verità è che, con tutte le malefatte degli ultimi decenni, con tutti i ladri che continuano a circolare nei piani alti e in quelli bassi delle gerarchie dei movimenti e forze politiche, i cittadini ne hanno sopportate anche troppe. Per cui, a fronte di questo incredibile andazzo, davanti all’insipienza della classe politica, alla sua inarrestabile vocazione all’intrallazzo e allo sperpero, asfissiati dai vacui dibattiti che imperversano mentre la crisi divora famiglie e imprese, persino quei 16 mila temerari sembrano troppi. Soprattutto considerando quello che probabilmente ci aspetta.
Potete giurarci, infatti: nonostante il vecchio pronunciamento referendario, preso atto della disaffezione e del disprezzo manifestati dai cittadini anche alla prima prova valida del nuovo 2 per mille, vedrete se Lorsignori non continueranno a provarci per rifilarci ancora, ad ogni costo e in ogni modo il finanziamento statale della politica. Con un sola vera curiosità ancora da esaudire: il nome che i fantasisti dello scippo pubblico si inventeranno stavolta per battezzare il nuovo marchingegno.