L’attesa era tutta per lui. Il suo Nuovo Sacher ha spalancato le porte alla stampa romana – e in videoconferenza stampa in diretta a quella milanese – per assistere all’anteprima assoluta di Mia madre (Guarda il trailer). Eppure Nanni Moretti, 40 anni di carriera e il cinemondo ai suoi piedi, seraficamente decostruisce il personaggio: “Io continuo a sentirmi inadeguato. Anzi, più passa il tempo e più mi sento a disagio. Non posso farci niente”.
Parole di una saggezza assorbita forse in famiglia, probabilmente anche grazie a quella madre da pochi anni scomparsa e alla quale ha dedicato questo suo 12° lungometraggio. Un film intenso, naturalmente personalissimo e autobiografico, di profonda intelligenza sulle cose della vita. Talmente ricco di spunti e complessivamente sintetico dell’universo morettiano da necessitare del tempo per depositarsi nello spettatore, anche in chi ne sta scrivendo e che non intende raccontarne i dettagli per rispetto al pubblico che dal 16 aprile potrà goderselo in sala. Come già negli ultimi tre lavori (Il Caimano e Habemus Papam) il ruolo da protagonista è affidato “altrove” – proprio “al fianco del suo personaggio” come è uno dei tormentoni del film stesso – in questo caso interpretato da Margherita Buy nei panni di una regista nel mezzo delle riprese di un film.
Per sé Moretti ha riservato la parte del fratello della donna: insieme a lei vive una delle fasi più dure dell’esistenza umana, la malattia e dipartita della madre. “Ho fatto questo film perché la morte di un genitore è un passaggio fondamentale della vita. Ma non volevo mostrarlo sadicamente allo spettatore, non era mia intenzione”. Benché spontaneamente accomunati per tematica portante, Mia madre è assai distante da La stanza del figlio: ci sono ricchezza e levità diverse dovute a una naturale maturità dell’autore (“vent’anni fa non avrei mai fatto un film così”) ed anche a quella consolidata scelta di “farsi da parte” assumendo la guida (pratica/spirituale) dal punto di vista laterale. “Non sto prendendo in giro Bert Brecht – chiosa Moretti – ma esclusivamente me stesso, e non pensate sia facile”. Come fratello di Margherita, Giovanni non gigioneggia mai: discretamente svela la Verità, assolve gli errori della sorella regista sua ovvia alter ego, decide di rinunciare al lavoro scardinando l’importanza che la ricerca/mancanza dello stesso ha assunto nella nostra epoca. E paradossalmente lo fa consapevole che sua sorella sta girando un “solido film, non morettiano” sulle vessazioni del mondo operaio contemporaneo.
Dietro ai due fratelli c’è la cultura di una mamma da sempre professoressa di latino: “Pareti di libri, dove se ne andranno tutti quei libri?” si chiede Margherita e in controcampo è mamma Giulia Lazzarini (eccezionale nel ruolo della madre) a riconoscere che “vedendoli inscatolati ho percepito un vuoto, un vuoto diverso dal solito..”. Una Realtà reale da cui ci stiamo estraniando, forse, e nella quale anche l’attore americano folle ed istrione Barry Huggins (John Turturro) vorrebbe tornare: “Fatemi rientrare nella vita reale, voglio la Realtà!” urla goffo sul set del film di Margherita ove recita la parte del padrone stronzo. “Quella realtà forse è simile alle notti trascorse da Michel Piccoli in Habemus Papam – prova a spiegare Nanni – e volontariamente ho scritto e girato Mia madre in modo che lo spettatore non capisse sempre quanto era reale nel presente o nel passato, o addirittura solo immaginato da Margherita. Ma d’altra parte quello è il modo in cui la donna sta percependo il suo mondo in questo momento di passaggio: tutto in lei convive come in un soffio”. Costato 7 milioni di euro (“e stavolta Nanni non è andato fuori budget” esclama felice il coproduttore Domenico Procacci), il film uscirà in oltre 400 sale proprio in contemporanea all’annuncio dei film che comporranno il concorso del prossimo Festival di Cannes: “Io da Cannes accetto tutto..” sorride Moretti, facendo chiaramente intuire agli astanti che Mia madre concorrerà alla Palma d’oro come gli ultimi suoi cinque film. “Volete sapere se ho rotto alcuni dei miei schemi? E che ne so… Posso solo dirvi che quando mi metto a fare un film faccio sempre gli stessi sogni, da 40 anni…”