Un'elaborazione de Il Sole 24 Ore evidenzia che tra 2007 e 2013 l'imposta sui redditi è cresciuta di più del doppio rispetto al progresso dell'imponibile. E il risultato non cambia se si tiene conto dell'inflazione. Le addizionali comunali sono salite del 62%, quelle regionali di oltre il 33 per cento
“Stiamo facendo un’operazione significativa sulla pressione fiscale, la legge di Stabilità 2015 comporta tagli per 18 miliardi. Continuiamo nella discesa delle tasse”. Parola del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Come emerso nei giorni scorsi, però, il supposto calo della pressione fiscale vantato dall’esecutivo nel Documento di economia e finanza si ottiene solo dopo un corposo maquillage, spostando il bonus di 80 euro dalla voce “maggiori spese” a quella dei tagli e dando per cancellate le clausole di salvaguardia. Che invece saranno (forse) tolte di mezzo solo con la prossima manovra finanziaria. Ma per inquadrare del tutto i termini della questione, mentre l’esecutivo si appresta a ridurre agevolazioni e detrazioni fiscali con l’obiettivo di risparmiare ben 2,4 miliardi, è opportuno guardare i dati raccolti e aggregati da Il Sole 24 Ore, che ha elaborato le statistiche fiscali sui 730 e i modelli Unico fornite dallo stesso Tesoro. La conclusione a cui è arrivato il quotidiano di Confindustria è che tra 2007 e 2013, dunque negli anni della crisi, l’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) è aumentata nel complesso del 9,3 per cento, da una media di 3.685 euro a 4.093. Questo mentre i redditi degli italiani salivano solo del 5 per cento, da 18.536 euro medi a 19.780. Insomma, l’imposta ha praticamente doppiato il progresso degli introiti dei cittadini.
Per altro la situazione non migliora se si prendono in considerazione i redditi depurati dall‘inflazione: il potere di acquisto delle famiglie in termini reali è infatti calato del 7,2%, mentre l’Irpef netta è scesa solo del 3,4 per cento. La pressione effettiva ha dunque galoppato, anche se si tiene conto dell’andamento dei prezzi. L’extra gettito di 14,3 miliardi caricato sulle spalle dei contribuenti nel 2014 rispetto al 2007 (l’ammontare complessivo è passato da 153,3 a 167,8 miliardi) è andato per il 70% allo Stato, ma l’aggravio è stato determinato per la maggior parte dal balzo delle addizionali comunali, che sono salite del 62,1% passando da 65 a 107 euro pro capite. Corposo anche il rialzo delle addizionali regionali: +33,3% in sei anni, con il risultato che ogni italiano paga in media 273 euro contro i 201 del 2007. L’aliquota effettiva media, al netto di deduzioni, detrazioni e no tax area, è così salita dal 19,9 al 20,7 per cento.
Il Sole ricorda che sull’Irpef regionale pesa soprattutto l’aumento lineare deciso dal governo Monti con la manovra salva-Italia di fine 2011. A cui si sono sommati gli aggravi decisi dai governatori per far fronte ai tagli statali. Lo stesso vale per i sindaci, che negli anni dell’analisi hanno portato l’aliquota effettiva da un valore medio dello 0,39% allo 0,6 per cento.
Va detto che a metà 2014 è entrato in vigore il bonus fiscale di 80 euro, che non appare ancora nelle statistiche sulle dichiarazioni e si traduce in una riduzione di 10 miliardi del gettito complessivo. Una cifra che non basta, comunque, per controbilanciare i rincari cumulati negli anni precedenti.