Dopo le accuse del pilota tedesco ("Lewis ha rallentato apposta per farmi raggiungere da Vettel") arriva la bordata del campione inglese: "Nico non ha provato ad attaccarmi, ecco la differenza tra lui e me". Il presidente Lauda: "Sono due egocentrici bastardi"
Dopo la guerra di domenica, la pace dura solo un giorno, e oggi i due piloti della Mercedes Lewis Hamilton e Nico Rosberg tornano a suonarsele di santa ragione. “Io voglio vincere sempre. Nico non ha nemmeno provato ad attaccarmi. Ecco la differenza tra lui e me – ha detto il pilota britannico, che poi ha aggiunto -. Io ho solo detto al team che se mi fossi trovato al secondo posto, con quel passo di gara, avrei spinto al massimo per avvicinarmi a chi stava davanti per effettuare il sorpasso. Le corse sono così. Nico non ci ha provato”. Parole durissime, destinate a riaprire un conflitto (non solo dialettico) esploso durante la scorsa stagione e riacutizzatosi domenica a Shangai. Uno scontro fratricida – come ce se sono stati molti nella Formula Uno, da Prost e Senna nel 1989 ad Alonso e lo stesso Hamilton nel 2007 – cui ovviamente guardano oggi interessate le altre scuderie, la sorprendente Ferrari in testa.
Dopo il GP cinese, che ha visto entrambi i piloti delle frecce d’argento sul podio, domenica Rosberg in conferenza stampa aveva attaccato il compagno di squadra, accusandolo di aver rallentato il ritmo mentre era in testa. E di averlo fatto apposta di modo che Vettel potesse avvicinarsi e insidiare la sua seconda posizione. Piccato, Hamilton aveva risposto: “Il mio lavoro non è pensare alla gara di Nico, ma gestire la mia macchina e portare l’auto e me stesso alla fine nel modo più veloce possibile: così ho fatto. Non ho fatto nulla a livello intenzionale per danneggiare Nico, lui doveva soltanto cercare di superarmi e non c’è riuscito”. La Mercedes era subito corsa ai ripari, e lunedì entrambi i piloti hanno rilasciato dichiarazioni di pace e stima reciproca. Ma la cosa è durata poco, e ancora una volta nel paddock della scuderia tedesca si sono svuotati i granai per riempire gli arsenali.
In realtà stamattina Rosberg sul quotidiano tedesco Bild era stato ancora abbastanza diplomatico: “Se parto davanti, Lewis può fare quello che vuole. Non m’interessa. La stagione è ancora lunga e io devo puntare sulle tipiche qualità tedesche: devo continuare a lavorare sodo in maniera ordinata con il mio team. In Bahrain un’altra doppietta della Mercedes sarebbe ottima. Ma stavolta dovrebbero suonare l’inno tedesco”. Ma che qualcosa si era rotto di nuovo l’ha capito il presidente della Mercedes Niki Lauda, che ha definito i due piloti “egocentrici bastardi” (che in realtà non è nemmeno un male in F1, come ha specificato lo stesso ex pilota della Ferrari) e ha poi detto che si sarebbe aspettato di vedere un Rosberg “incazzato” a un certo punto della stagione. Ma non c’è stato bisogno di aspettare così tanto. Grazie anche alle parole di Hamilton, molto meno diplomatico del compagno di squadra, la guerra fredda è tornata bollente.
Tanto che, in vista del GP del Bahrain di domenica prossima (diretta su Sky alle 17, in replica su Rai2 alle 22) Toto Wolff, dopo averlo escluso categoricamente solo ieri nel giorno dell’armistizio, oggi ha fatto capire che da ora in poi per i due piloti potrebbero esserci rigidi ordini di scuderia. “Si potrebbe arrivare alla situazione in cui se vediamo che rischiamo la vittoria contro la Ferrari potremmo fare una chiamata impopolare – ha infatti detto il responsabile corse della scuderia Mercedes -. Se dovremo fare una chiamata perché rischiamo di perdere una vittoria, la faremo. Non abbiamo più il gap che avevamo l’anno scorso, quando potevamo lasciarli spingere fino alla fine. Dobbiamo gestire il loro divario”. Il rischio è calcolato però, in fondo la storia della Formula Uno insegna che i fratelli coltelli hanno solo fatto bene allo spettacolo. In pista e fuori.
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