Nessuna notizia delle giovani studentesse cristiane rapite dai fondamentalisti. Oggi una marcia ad Abuja per ricordarle. Il neo eletto presidente Muhammadu Buhari: "Faremo il possibile per salvarle, ma non sappiamo dove sono"
Rapite 365 giorni fa. Ma di loro nessuna notizia. E’ passato un anno dal 14 aprile 2014, giorno in cui i fondamentalisti di Boko Haram hanno fatto irruzione nel dormitorio di Chibok, in una scuola nel nord-est della Nigeria, sequestrando di 276 studentesse, tutte cristiane. 57 di loro riuscirono a fuggire nei giorni seguenti ma delle altre 219 ragazze, da allora, non si sa più nulla. I jihadisti avevano poi spiegato in un video cosa avrebbero fatto delle giovani: “Allah dice che devo venderle – diceva nel filmato il leader del movimento terrorista Abubakar Shekauha – mi comanda di venderle ed io venderò le donne”.
Un anniversario che cade a pochi giorni dalla strage in Kenya, presso il campus dell’università di Garissa, dove sono stati massacrati oltre 140 studenti. Per ricordare il rapimento delle giovani, di cui non si hanno mai più avute notizie, ad Abuja, capitale della Nigeria, e in molte altre città del mondo oggi si terrà una marcia: un fiume di persone vestite di rosso che camminano per le strade. A sfilare ad Abuja 219 ragazze, tante quante le giovani che mancano all’appello da un anno. Il neo eletto presidente Muhammadu Buhari ha promesso che si impegnerà in ogni modo per sconfiggere i militanti islamisti, e sulle donne scomparse un anno fa ha detto: “Non sappiamo se le ragazze di Chibok possano essere salvate. Resta sconosciuto dove si trovino. Non posso garantire che le troveremo”, ha aggiunto, pur promettendo che il suo governo “farà tutto quanto sarà in suo potere per riportarle a casa”.
Il rapimento aveva provocato la reazione dell’opinione pubblica internazionale e su Twitter si era diffusa la campagna #BringBackOurGirls (riportiamo indietro le nostre ragazze), a cui aveva partecipato sui social anche la First Lady Michelle Obama. Il nuovo appello alla liberazione è arrivato dal Premio Nobel per la Pace, la giovane pakistana Malala Yousafzai sopravvissuta nel 2012 a un tentativo di omicidio da parte dei talebani, che in una lettera aperta si rivolge simbolicamente alle giovani donne: “Secondo me, i leader della Nigeria e la comunità internazionale non hanno fatto abbastanza per aiutarvi. Siete le mie eroine”. Le iniziative organizzate per oggi stanno viaggiando anche sui social network, dando vita ad una marcia silenziosa globale che ha luogo contemporaneamente in diverse parti del mondo, attraverso gli hashtag #BringBackOurGirls, #365DaysOn, #ChibokGirls, #NeverToBeForgotten. In Francia, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha ricordato su Twitter il triste anniversario postando la foto di un palco nella capitale francese con le sagome delle studentesse e la scritta “Bring Back Our Girls”.
Secondo Amnesty International dall’inizio del 2014 Boko Haram ha sequestrato in Nigeria almeno 2mila donne, tra le quali molte ragazze. Sulla base dei racconti di centinaia di testimoni raccolti nel rapporto “Il nostro lavoro è sparare, massacrare e uccidere: il regno del terrore di Boko Haram“, l’organizzazione descrive i metodi brutali usati dal gruppo armato nel nordest della Nigeria, che reclutano o uccidono sistematicamente i giovani, mentre rapiscono e stuprano le donne e le ragazze. Alcune sono obbligate a sposare i combattenti e a prendere parte ad attacchi contro la popolazione, talvolta attaccando i loro stessi villaggi d’origine. Salil Shetty, segretario generale di Amnesty con base a Londra, ha sottolineato: “Le studentesse di Chibok sono solo una piccola parte delle donne e ragazze che hanno subito la brutalità di Boko Haram”.
Our prayers are with the missing Nigerian girls and their families. It’s time to #BringBackOurGirls. -mo pic.twitter.com/glDKDotJRt
— The First Lady (@FLOTUS) May 7, 2014
(immagine tratta dal profilo Facebook Bring Back Our Girls)