L'ex presidente siciliano partecipa alla riunione del radio giornale del carcere: "Arrivo in ritardo, ho appena dato un esame di diritto ecclesiastico, 30 e lode". Dicono che abbia passato centinaia di voti al Pd siciliano: "Correggo, sono migliaia"
«Dicono che hai passato centinaia dei tuoi voti al Pd siciliano». «E chi lo scrive? Li querelo, i voti sono decine di migliaia!». Salvatore Cuffaro finisce di scontare la pena a dicembre. E’ a Rebibbia da gennaio 2011 e lo hanno appena autorizzato a partecipare alla riunione della redazione del radio giornale carcere (messa su da Giorgio Poidomani con il supporto del gruppo Antigone). Una rubrica scritta, letta e montata dai detenuti e trasmessa da Radio Popolare Network, Radio Articolo 1 e Radio Città Aperta. «Mi scuso del ritardo, oggi avevo un esame. Ho preso 30 in diritto ecclesiastico, ancora quattro materie e mi laureo in giurisprudenza». In qualche modo qua dentro il tempo va occupato e la tesi vuole assolutamente discuterla in carcere «perché è qui che ha senso». Titolo: “Corte Europea dei diritti dell’uomo e decreti svuota carceri”, niente meno che con il preside della facoltà di giurisprudenza della Sapienza, il professore di procedura penale Giorgio Spangher. Uno che ha sempre sostenuto l’illegalità del reato in concorso esterno per associazione mafiosa. «La contiguità con la mafia può andare da uno a cento e si penalizza uno come cento», dice il luminare nel libro Giustiziopoli di Antonio Giangrande. Abbastanza per comprendere la stima che nutre Totò Vasa Vasa nei confronti del suo Prof.
Immaginavo sarebbe diventato una star fra “noi colleghi” in riunione di redazione e invece Cuffaro mantiene la sobrietà e la dignità che ha dimostrato in questi anni di carcere. Gli do in pasto l’editoriale di Ilvo Diamanti sulla fiducia (persa) degli italiani nei magistrati, mentre con i suoi compagni (rei di omicidi, spaccio e truffe) si discute di carcere, di diritti, di pene e di temi da elaborare per il prossimo GRD. Fra i redattori c’è anche Federico, un ragazzone mulatto che in galera si è scoperto poeta e ha pubblicato il suo primo libro: “Sentimento prigioniero”. Sconta una condanna per omicidio. La sua è una storia kafkiana, il giudice gli ha ordinato di tornare al suo Paese. Ma come emerge dalle carte giudiziarie, Federico non conosce il suo Paese d’origine, sa soltanto di essere stato adottato e fa molta fatica a rispettare l’ordine del giudice! Te la racconta d’un fiato, fermandosi su un sorriso che non ha nulla d’ironico.
“Avresti dovuto sentire quegli uccelli di galera fulminati cantare”, suonava Elvis Presley in Jailhouse Rock, ed è questo il nome del programma che ospita il GRC. L’unico computer presente è privo di connessione internet ed è custodito dagli agenti, ma basta quello, un microfono e un programma di editing per confezionare un prodotto di grande qualità e soprattutto in piena libertà. Condizione spesso auspicata anche dai giornalisti “oltre le sbarre”. Dopo due ore di confronti, dibattiti e suddivisione dei compiti ci lasciamo. Poidomani tornerà fra due giorni con una pen drive nella quale viene inciso il pezzo per le radio. Io li ascolterò on air. «Mi fido di voi perché siete comunisti, mica post-comunisti o peggio Renziani!». Ci dice il “collega Totò” quando ci lasciamo. Gli faccio notare che si era appena vantato di aver passato al pd decine di migliaia di voti e allora si corregge: «Mica glieli ho dati io quei voti, se li sono presi loro».