Nelle scorse udienze il pm di Busto Arsizio Nadia Calcaterra aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Durante la fase delle repliche l'accusa ha tracciato un parallelo con la strage al Palazzo di Giustizia: "Come a Milano Pegoraro è entrato in Comune, ha sparato ed ha ucciso"
Armato fino ai denti aveva sparato sette colpi di pistola contro sindaco e vicesindaco all’interno del comune di Cardano al Campo (Varese) municipio, ferendoli in maniera grave. Era il 20 luglio del 2013. Laura Prati, prima cittadina, era poi morta 20 giorni dopo. Oggi il gup di Busto Arsizio ha condannato Giuseppe Pegoraro all’ergastolo. I parenti della vittima hanno applaudito in aula dopo la lettura della sentenza.
L’ex comandante dei vigili, classe 1952, laureato, scapolo e senza figli, aveva agito per vendetta: era stato trasferito ad incarico amministrativo e poi sospeso dal servizio per effetto di un provvedimento disciplinare scattato dopo un’accusa per truffa. Nelle scorse udienze il pm di Busto Arsizio Nadia Calcaterra aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Durante la fase delle repliche, oggi, il pm ha tracciato un parallelo con la sparatoria avvenuta giovedì scorso al Palazzo di Giustizia di Milano. “Come a Milano – ha affermato il pm – Pegoraro è entrato in Comune, ha sparato ed ha ucciso”. Parole che hanno provocato la reazione in aula del difensore di Pegoraro, l’avvocato Maria Grazia Senaldi. “Pegoraro non voleva uccidere – ha replicato l’avvocato – anche se aveva la possibilità di farlo. Voleva solo ferire Laura Prati – ha concluso – per provocare un processo e spingere il sindaco a venire in aula ed a spiegare i motivi della sua sospensione dal servizio”.
In realtà la cronaca di quel giorno racconta di un sessantunenne con la passione per le armi, tutto divisa e lavoro, che dopo aver sparato nel municipio, aveva continuato a esplodere colpi durante la fuga, in piazza, inseguito dagli agenti di polizia locale che avevano cercato di fermarlo, sparando a loro volta. Pochi istanti dopo Pegoraro aveva fatto irruzione, fucile alla mano, nella sede della Cgil, dove non aveva sparato ma lancia un rudimentale ordigno incendiario contro la porta. Subito era scappato e prima di essere fermato e arrestato, aveva sparato alcuni colpi di fucile contro una volante della polizia.
“Lo Stato ha fatto la sua parte anche se Laura non torna più: con questa sentenza è stata fatta giustizia, non vendetta” dice il marito della vittima, Giuseppe Poliseno. “Laura era figlia dello Stato – ha proseguito – ed è morta mentre faceva il suo dovere. Questa sentenza ha un significato anche per quello che è successo giovedì scorso al Palazzo di Giustizia di Milano perché anche in quel caso persone che stavano facendo il loro dovere sono state uccise da qualcuno che non rispetta le regole”.