Dallo sventare minacce terroristiche planetarie, equipaggiati dei più potenti fucili e mitragliatori del mondo, ad indagare sul commercio di droga che ruota intorno a Miami, taser e manganelli alla mano, può giustamente suonare come un declassamento, una punizione, patita tuttavia dal videogiocatore, dopo il mezzo scivolone di Battlefield 4.
Battlefield Hardline non è stato accolto positivamente sin dai tempi della sua presentazione. La sensazione che si trattasse di un costoso DLC, se non di una produzione raffazzonata e messa in piedi solo per fortificare la progressiva serializzazione del brand, era estremamente viva. Alla luce dei fatti, si può dire che la verità stia nel mezzo: ben lontana dai fasti dei Bad Company, a distanza di sicurezza dalla mediocrità, la creatura di Visceral Games, gli stessi di Dead Space, ha potenzialità sufficienti per farsi benvolere almeno dagli irriducibili.
La campagna single player, sorpresa delle sorprese, ha goduto di una lunga e attenta fase di progettazione. Abbandonate le suggestioni da kolossal alla Michael Bay, lo stile registico adottato la avvicinano ai serial polizieschi che vanno tanto di moda ultimamente. Senza scomodare la splendida prima stagione di True Detective, il taglio ricorda CSI e 24, di cui, tra l’altro, se ne rivedono alcuni volti noti: Kelly Hu ha prestato le sue fattezze alla combattiva Khain Min Dhao; Adam J. Harrington, nei panni di Tyson Latchford, fa lo sporco doppiogiochista; Benito Martinez è il capitano di polizia Julian Dawes, che spedisce di volta in volta il protagonista nelle zone più calde della città. Ne viene fuori un’avventura emozionante e coinvolgente fintantoché si resta passivi spettatori nelle scene d’intermezzo.
Pad alla mano, purtroppo, vengono a galla alcuni problemi. Tra sgherri da arrestare estraendo il distintivo al momento giusto e altri da tramortire con il taser, il sistema di punteggio premia chi si approccerà ai livelli mantenendo un basso profilo, evitando perentoriamente lo scontro a fuoco. Qualche sano scambio di piombo è inevitabile, ma si passa più tempo nascosti dietro qualche riparo che sfidando a viso aperto la morte: una scelta comprensibile per dare una svolta alla saga, ma che non viene degnamente supportata dal level design, fin troppo compiacente verso il giocatore, o da un’I.A. nemica che mantenga alto il livello di sfida.
Anche sul fronte del multiplayer si nota qualche cambio di direzione. La modalità Deathmatch tradisce la (timida) volontà di entrare nel campo di competenza di Call of Duty, proponendo un gameplay più improntato sulla prontezza di riflessi e velocità d’esecuzione. L’ibridazione riesce male, vuoi per la velocità di spostamento relativamente bassa, vuoi per un equipaggiamento che premia maggiormente la strategia, e si finisce per preferirgli altre modalità più consone alle specificità di Battlefield. Rapina per esempio, nella quale bisogna difendere o razziare una montagna di soldi a seconda della squadra di appartenenza, funziona alla grande, complici mappe che, pur non brillando particolarmente per design e grado di distruttibilità, offrono una varietà di campi di battaglia tale da permette a chiunque di esprimere il proprio stile di combattimento.
Graficamente all’altezza delle aspettative, stabile nel netcode e con pochi bug, Battlefield Hardline riuscirà tranquillamente a fare la felicità di chi ha il pallino delle battaglie online spettacolari e più improntate alla strategia. Purtroppo questo capitolo fallisce proprio dove tenta di innovare: le meccaniche stealth della campagna non convincono appieno e la “corsa” verso Call of Duty, fortunatamente solo accennata, impoverisce il gameplay classico del brand. Resta tuttavia un capitolo apprezzabile e divertente pur con tutte le sue ombre: ci auguriamo che il prossimo capitolo nasca su basi ben più solide e tenti la via della novità con maggior convinzione e senza eccessivi snaturamenti.
A cura di Lorenzo Fazio