Che la consegna della posta sia l’ultima delle priorità dell’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio è evidente da tempo. L’ultimo segnale è arrivato mercoledì mattina, quando il sofferente Monte dei Paschi di Siena ha comunicato di aver venduto proprio al gruppo pubblico dei recapiti, per 215,2 milioni di euro, il 10,3% della società di gestione del risparmio Anima. Un’acquisizione che secondo Caio “ha una forte valenza industriale“. Parole che ricordano le “sinergie industriali” invocate nel caso del secondo investimento in Alitalia, molto caldeggiato dall’ex ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. L’operazione, ha commentato il manager, “in prospettiva rafforza la nostra capacità di offrire risparmio sicuro agli italiani” e “costituisce, con i servizi postali e logistici, e gli strumenti digitali di pagamento e transazioni, uno dei pilastri strategici del piano industriale del gruppo”.

Piano che però, come è noto, in vista della privatizzazione del gruppo controllato dal Tesoro prevede il recapito a giorni alterni di lettere e cartoline (idea che non piace affatto alla Commissione Ue) e la chiusura di 455 sportelli. Interventi senza i quali, ha ribadito mercoledì il manager durante un’audizione in commissione Trasporti alla Camera, “la prospettiva porta a una non sostenibilità di Poste italiane” perché “sulla componente della redditività incide l’andamento in forte flessione della corrispondenza, del servizio postale”. Al contrario, la profittevole vendita di prodotti finanziari avrà sempre più spazio. Ed è in questo orizzonte che si inserisce l’acquisto della quota di Anima, società che gestisce fondi comuni di investimento e amministra grandi capitali per i clienti più danarosi. Con la quale Caio dovrebbe firmare, a valle dell’operazione, un accordo di partnership in esclusiva per distribuire nei 13mila sportelli della rete prodotti di risparmio gestito con il brand Poste. Per conquistarla Caio ha accettato di mettere sul piatto una cifra superiore agli utili 2014 del gruppo, crollati del 79% a 212 milioni: Rocca Salimbeni riceverà infatti 6,80 euro per azione, corrispondenti appunto a 210 milioni, più 5,2 milioni di dividendo per l’esercizio 2014, per un totale di 215,2 milioni.

La banca senese ha fatto sapere che la cessione comporterà “un impatto netto positivo a conto economico, come somma della plusvalenza realizzata e del dividendo incassato e al netto di eventuali effetti del meccanismo di aggiustamento prezzo, di circa 115 milioni di euro”. Ossigeno per l’istituto guidato da Fabrizio Viola, di cui il Tesoro diventerà socio a luglio. Gli azionisti si riuniscono giovedì per dare il via libera a un aumento di capitale fino a 3 miliardi che non basterà comunque per far fronte agli impegni previsti dal capital plan approvato dalla Bce dopo la bocciatura agli stress test. Di qui la necessità di affiancare alla ricapitalizzazione la vendita di partecipazioni e pacchetti di crediti deteriorati. Per altro, la settimana scorsa il Monte ha reso noto di avere un’esposizione verso la banca giapponese Nomura (controparte nello scandalo derivati) che va ben oltre i limiti regolamentari.

Perché l’operazione vada in porto occorrerà però un accordo tra Poste, Monte dei Paschi e Banca Popolare di Milano, che ha il 16,8% di Anima e deve “liberare” l’istituto senese dalle obbligazioni previste dal patto parasociale firmato nel marzo 2014. Gli altri soci sono Clessidra attraverso Lauro Quarantadue, con il 7,5%, Wellington Management Company con il 7,6%, Aviva Investors Global Services con il 3,1% e Credito Valtellinese con circa il 2,8 per cento.

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