Certo che sulla sanità se mettiamo tutto insieme Def, spending review, disavanzi delle regioni, piani di rientro…ti viene un’angoscia difficile da dissimulare. Il messaggio politico del Def per chi non vuole fare il finto tonto è chiaro:
– la sanità nei prossimi anni fino al 2060 (sic) sarà gradualmente definanziata in modo progressivo in rapporto al pil,
– sarà finanziata attraverso costi standard che quantificheranno semplicemente ciò che le politiche finanziarie riterranno compatibili quindi non ciò che è necessario al malato
– le tutele sono destinate a diminuire sia di quantità che di qualità
– lo scarto tra ciò che passa lo Stato e ciò che serve al cittadino sarà a suo carico…in tutti i sensi
In questo contesto di situazioni acute in piedi ve ne sono diverse tutte destinate ad esplodere in peggio, in particolare quella degli operatori, del lavoro, dei loro conflitti, la privatizzazione crescente dei consumi sanitari, lo scadimento delle cure ecc ecc. Ma tra queste ce n’è una che secondo me avrà effetti davvero pesanti sui malati ed è quella farmaceutica. Come tutti sanno per curare qualsiasi malattia ci vuole una terapia. Una terapia per funzionare deve essere efficace e per essere efficace deve essere adeguata tanto alla malattia che alle caratteristiche del malato. Che succede se la terapia più efficace e più adeguata non è disponibile o addirittura inaccessibile e se rischiamo la pelle? In questo caso chiunque di noi difficilmente si rassegnerebbe e si accontenterebbe di ciò che passa il convento…e c’è il rischio, come già è avvenuto…che si creino addirittura problemi di ordine pubblico. Vi ricordate cosa è accaduto con la cura Di Bella? Quando i malati di tumore facevano lo sciopero della fame per avere gratuitamente la cura miracolosa ed erano i tribunali e non i medici che alla fine prescrivevano quello che non era neanche stato verificato se efficace oppure no? Io penso che presto se non stiamo attenti si ricreeranno situazioni analoghe ma questa volta a differenza della cura Di Bella con dei farmaci importanti, vitali, scientificamente provati ma che per qualche ragione sono cinicamente indisponibili. Le ragioni che possono rendere indisponibile dei buoni farmaci oggi soprattutto dopo il Def sono economiche. Sulla spesa farmaceutica si prevede infatti uno splafonamento del tetto di spesa programmato che supererà i 3,8 miliardi di euro e questo in gran parte sarà dovuto alla disponibilità di nuovi farmaci più efficaci. Lo splafonamento ricordo, con un meccanismo che si chiama payback, è a carico delle Regioni e delle aziende farmaceutiche.
A vedere bene i numeri per il 2014, la farmaceutica territoriale ha registrato un risparmio di 176milioni di euro ma quella ospedaliera ha registrato uno sforamento di circa 1,3 miliardi di euro di cui il 50% (650 mln) a carico delle Regioni e l’altro 50% a carico delle Aziende farmaceutiche. È chiaro che nel contesto definito dal Def questo stato di cose diventa incompatibile e le regioni, saranno costrette a limitare e a bloccare il ricorso ai farmaci innovativi perché sono i prezzi alti di questi che spingono in alto la spesa. Se tra finanziamento della spesa farmaceutica e consumo reale di terapie vi è uno scarto cosi significativo si può star certi che l’ingresso dell’innovazione sarà bloccato. E’ vero che sono stati stanziati 500 milioni per coprire i costi di certi farmaci innovativi ma a confronto con il problema dell’overspending essi si rivelano drammaticamente insufficienti. Allo stato attuale non si sa che pesci prendere: c’è chi sottolinea il problema dei prezzi che spesso sono eccessivamente esosi, per cui inseguono politiche di sconti ma dimenticando che ad esempio in Germania le aziende farmaceutiche hanno ritirato il 15 % dei prodotti innovativi perché gli sconti si sono mostrati industrialmente inaccettabili. Altri che lamentano l’assenza di una direttiva europea proprio per regolare i prezzi, ancora altri che pensano ad una riforma del prontuario, altri ancora che lavorano per definire dei costi di processo cioè costi che comprendano quelli assistenziali per patologia .In fin dei conti la cura non è l’equivalente della terapia ma è un processo complesso che non può essere governato scomponendone e isolandone le diverse variabili. A rendere ancor più delicata la questione non vanno dimenticati i tagli previsti per il 2015 dalla legge di stabilità e che riguardano proprio la farmaceutica e per evitare i quali si dovrebbero adottare da subito misure di razionalizzazione del prontuario adottando il criterio delle categorie terapeutiche omogenee con prezzi ponderati, evitando i trattamenti equivalenti a prezzi diversificati quindi adottando il farmaco con il prezzo più conveniente, o come dicevo prima chiedendo alla aziende farmaceutiche sconti sui prezzi.
Ma la mia impressione è che anche facendo tutte queste cose, nessuna di esse prive di controindicazioni, oggi si ponga un problema di spazio vitale…nel senso che per mettere l’innovazione farmaceutica al servizio dei malati bisogna:
– farle spazio…sgombrando quello occupato dagli sprechi, dagli abusi, dalla malagestione, dagli opportunismi clientelari…
– e mettere in campo un turn over cioè un rinnovamento di farmaci distinguendo bene l’innovativo dal non innovativo, ma anche un rinnovamento delle prassi terapeutiche, quindi dei modi di curare
Una cosa mi sembra incontrovertibile :il paradosso del farmaco che c’è ma non è economicamente indisponibile è per analogia il paradosso del diritto che c’è ma non può essere rispettato perché non ci sono risorse. E’ con questo genere di paradossi ,specialmente ora che il def ha tracciato la sua linea di definanziamento della sanità, che oggi dobbiamo fare i conti: vi è qualcosa di contraddittorio, ma che deve essere accettato, che appare razionale ma che causa una ingiustizia. Come fare? C’è solo un verbo che io userei ed “riformare”.