Questa volta il parere dell’Antitrust basterà o prevarranno ancora le piccoli grandi furbizie dei soliti noti? Difficile azzardare una previsione, perché la lobby dei concessionari autostradali è potente ed è capitanata da un campione di peso: Fabrizio Palenzona, presidente dell’Aiscat, vicepresidente di Unicredit e da sempre vicino al gruppo Gavio, secondo concessionario per dimensioni della rete dopo Autostrade per l’Italia. Sul piatto c’è appunto la questione delle concessioni autostradali: gare per il rinnovo come vorrebbero il buonsenso, l’Antitrust e le regole Ue o proroga in cambio dell’impegno a eseguire lavori di potenziamento e ammodernamento della rete? La partita sembrava chiusa con l’approvazione del decreto Sblocca Italia e del famigerato articolo 5 ispirato dalle stesse concessionarie autostradali e difeso a spada tratta dall’ex ministro Maurizio Lupi. Il blitz era andato a buon fine nonostante il parere contrario di Bankitalia, Authority dei Trasporti, garante della concorrenza e autorità Anticorruzione e a fine 2014 tutti i concessionari interessati hanno presentato al ministero i nuovi piani economico finanziari per l’unificazione di tratte autostradali contigue o complementari, l’escamotage previsto appunto dall’articolo 5 per ottenere la proroga implicita delle concessioni.
A rompere le uova nel paniere, però, è arrivata la Commissione europea che, dopo aver chiesto alle autorità italiane “approfondimenti” sulla norma, ha fissato dei paletti molto stringenti sulla definizione di “nuovi investimenti”: degli oltre 10 miliardi previsti dall’Italia, Bruxelles è disposta ad ammetterne solo 1,5. La lettera è arrivata a Roma a fine marzo e di fatto ha rimesso in discussione un po’ tutto. Anche la posizione dei concessionari, cioè dell’Aiscat, cioè di Palenzona che – in un’audizione alla Camera – ha disconosciuto l’articolo 5 dello Sblocca Italia sostenendo che le “soluzioni previste sono da ritenersi superate alla luce delle nuove norme contenute nella direttiva europea 23/2014 relativa alle concessioni”. Peccato che la direttiva di cui lo stesso Palenzona invoca ora il pronto recepimento da parte dell’Italia fosse stata emanata nella primavera dello scorso anno, cioè ben prima che lo Sblocca Italia e il famigerato articolo 5 vedessero la luce. Ma il richiamo alla direttiva è solo una piccola furbizia, perché l’obiettivo è sempre quello di ottenere la proroga nonostante quasi nessuno degli investimenti proposti sia davvero un “nuovo investimento”, ma semplicemente opere già previste di cui si sostiene l’intervenuta “non realizzabilità” sotto il profilo economico finanziario a causa dell’aumento dei costi, delle mutate condizioni di mercato e del calo del traffico.
L’Aiscat lo scrive a chiare lettere nel documento depositato al termine dell’audizione alla Camera: “Alle condizioni attuali (condizioni finanziarie, andamento del traffico, limitato periodo residuo di concessione, dimensione societaria) non è possibile effettuare o completare alcuni investimenti oggi previsti nei piani finanziari delle società, ad impatti tariffari contenuti. Certamente non in assenza di consistenti contributi pubblici”. Insomma, se l’Italia vuole delle autostrade più moderne o si alzano a dismisura le tariffe o si spendono soldi pubblici, perché i piani finanziari previsti dai concessionari (che, è bene ricordare, guadagnano sia con i pedaggi sia con l’esecuzione dei lavori in house, cioè affidata a proprie società di costruzioni) non funzionano più e i privati non intendono certo aprire il portafoglio. E allora entra in scena il modello francese cui oggi l’Aiscat dice di richiamarsi e che permette di effettuare gli investimenti calmierando gli aumenti tariffari. Come? Naturalmente allungando la durata delle concessioni. In Francia, dice l’Aiscat, le società concessionarie dei gruppi Abertis, Eiffage e Vinci effettueranno investimenti aggiuntivi per 3,2 miliardi proprio grazie alla proroga. Quello che le concessionarie italiane si dimenticano di dire è che la Francia ha sì ottenuto il via libera da Bruxelles sulla proroga delle concessioni, ma che l’Italia ha già beneficiato di questo via libera negli anni ‘90 impegnandosi irrevocabilmente a mettere le concessioni in gara alla scadenza naturale. Ovviamente di gare non ne sono state bandite mai e da mesi il governo sta cercando una quadra impossibile da trovare: prorogare le concessioni rispettando i vincoli europei.
In una nuova audizione alla Camera, il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella ha ribadito le perplessità già espresse “sulla previsione normativa di un regime di proroga implicita delle concessioni autostradali, trattandosi di uno strumento non idoneo a soddisfare l’esigenza di garantire gli investimenti”. Secondo Pitruzzella “gli investimenti infrastrutturali possono essere più utilmente garantiti dall’assegnazione tramite gara delle tratte al gestore più efficiente e da una regolamentazione opportunamente disegnata, piuttosto che mediante il prolungamento del rapporto concessorio esistente”. Sull’articolo 5 dello Sblocca Italia, poi, l’Antitrust ritiene che le modifiche introdotte “non consentono in ogni caso di superare queste criticità”, mentre sulle modifiche alle concessioni esistenti, Pitruzzella è dell’opinione che vada affrontato “caso per caso”, valutando “l’entità dei nuovi investimenti rispetto al valore della concessione iniziale”, investimenti che comunque secondo la direttiva europea non devono superare il 50% del valore iniziale.
Su questo punto, inoltre, il presidente dell’Antitrust ha sottolineato che “si deve prestare particolare attenzione a due elementi: la natura degli investimenti e la definizione di una durata adeguata della proroga che non deve mai essere eccessiva rispetto all’obiettivo fissato”. Infine, “l’obbligo di affidamento con gara – ha concluso Pitruzzella – andrebbe esteso a tutti i lavori. In tal modo si adotterebbe una soluzione conforme all’ordinamento europeo, che eviterebbe di replicare gli effetti della chiusura alla concorrenza del mercato a monte anche nei mercati collegati”. Parole che sembrano uscite dal libro dei sogni in un’Italia dove le concessioni sono state sempre affidate senza gara e dove il business autostradale consente di realizzare profitti certi a fronte di un rischio imprenditoriale pari a zero. Se il parere dell’Antitrust continuerà a rimanere inascoltato e se si insisterà sulla strada della proroga delle concessioni, il rischio è che – oltre ad avere le autostrade che abbiamo ai costi che conosciamo – ci troveremo a pagare un conto salato con Bruxelles che sarà costretta ad aprire l’ennesima procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.