Da anni la Chiesa lancia i suoi strali contro i cosiddetti “gender studies”. Adottati in diversi Paesi europei per contrastare le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, in Italia vengono osteggiati dalle gerarchie ecclesiastiche. Quali pericoli si comporterebbe il loro insegnamento? Lo abbiamo domandato a due giuristi: Matteo Winkler, docente di diritto internazionale presso HEC Paris, e Marcello Adriano Mazzola, avvocato cassazionista che si occupa di diritti della persona
“Espressione di frustrazione che mira a cancellare la differenza sessuale“, li ha definiti il 15 aprile Papa Francesco, che il 21 marzo li descriveva così: “Uno sbaglio della mente umana” che minaccia la famiglia. Due giorni dopo, Angelo Bagnasco, presidente della Cei, tuonava contro la “dilagante colonizzazione”, che crea “un transumano in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità”. Da anni la Chiesa cattolica lancia i suoi strali contro i cosiddetti gender studies. Il filone di studi (che comprende la biologia, l’antropologia, la sociologia, la pedagogia, la bioetica) alla tradizionale divisione tra “maschi” e “femmine” oppone quella tra “sesso” e “genere“: il primo è costituito dal corredo genetico, il secondo è una costruzione culturale. In pratica, secondo i teorici, maschi e femmine si nasce mentre “uomini” e “donne” si diventa. L’orientamento sessuale, quindi, non sarebbe definito dal sesso: le persone possono innamorarsi di una persona di sesso diverso, dello stesso sesso o di entrambi. Un approccio che viene percepito come pericoloso oltretevere. Per quale motivo la possibilità che i gender studies arrivino sui banchi di scuola mette in allarme le gerarchie ecclesiastiche, se nei sistemi scolastici di diversi Paesi Ue questo approccio è stato adottato come strumento per contrastare le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’Associazione Italia di Psicologia ha riconosciuto la loro “portata scientifica”? Quali sono i pericoli? Lo abbiamo domandato a due esperti di diritto che sul tema hanno scritto e dibattuto: Matteo Winkler, docente di diritto internazionale presso l’Ecole des Hautes Etudes Commerciales di Parigi e socio della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBT, e Marcello Adriano Mazzola, avvocato cassazionista che si occupa di diritti della persona e membro del Consiglio di Direzione della Rivista Giuridica dell’Ambiente.
I gender studies o la cosiddetta teoria del gender dovrebbero trovare posto nei programmi scolastici?
Matteo Winkler – “Anzitutto metterei l’espressione ‘teoria del gender’ tra virgolette, dal momento che, come spiega bene la bioeticista Chiara Lalli, si tratta di una “strana e inesistente creatura, metà fantasia, metà film dell’orrore”. Essa non ha alcun fondamento scientifico o accademico, è un’invenzione della propaganda delle lobby religiose che non vogliono che nelle scuole si parli di omosessualità o transessualità. Una pretesa assurda, infatti. E’ un po’ come se si volesse eliminare certi pesci dalle lezioni di scienze o seno e coseno dalle classi di trigonometria perché non a qualcuno non piace il nome. In nome della battaglia contro questa fantomatica “teoria del gender”, tali lobby conducono da qualche anno una campagna persino contro le politiche raccomandate dal Consiglio d’Europa in materia di lotta al bullismo omofobico, che al contrario esiste davvero e miete ogni giorno moltissime vittime, causando danni irreparabili al benessere fisico e psicologico di bambini e adolescenti, omosessuali o solo supposti tali. Non c’è gay o lesbica che non l’abbia vissuto”.
Marcello Mazzola – “L’orientamento sessuale è un diritto umano e una libertà costituzionalmente riconosciuta, ancorchè non in assoluto (non lo è in casi come la pedofilia, la necrofilia o la zooerastia) ed è fondamentale che lo sia. Ciascuno è giusto che modelli il proprio, sano, orientamento sessuale nel tempo, senza particolari e marcati imprinting. Ma da qua a destrutturare l’impronta biologica di ciascuno ce ne corre. Non sono contrario in assoluto alla introduzione della teoria del gender a scuola, ma sono assolutamente contrario alla introduzione di tale teoria come indicazione pedagogica dominante o prevalente”.
La Chiesa la definisce una “ideologia” e vede nella teoria del gender un pericolo per la famiglia e la società. Di quale pericolo si tratta? I timori della Chiesa sono fondati?
Matteo Winkler – “Cito ancora Chiara Lalli: ad opporsi a questa inconsistente “teoria del gender” sono coloro “che vogliono imporre decaloghi e regole rigide stabilite da loro”. E’ fatto noto che la Chiesa reclami il diritto di stabilire in via monopolistica le regole in materia di sessualità. E che non accetti che vi possa essere la piena libertà delle persone omosessuali, figuriamoci di quelle transessuali, di essere loro stessi, di poterlo dire e di amare pubblicamente una persona dello stesso sesso. Non vuole neppure che se ne parli. E’ in gioco il dominio politico della Chiesa nel sistema educativo nazionale, e dunque nella società italiana. Non vi sono altre ragioni. Dire che gli omosessuali mettono in pericolo la famiglia, del resto, è una palese falsità. Decostruire questo mito, come scrive la sociologa Sara Garbagnoli, è una priorità e una necessità”.
Marcello Mazzola – “La teoria del gender è una ideologia, sviluppatasi da decenni, ha trovato fertile terreno di sviluppo nel contesto dei movimenti femministi e delle donne, alla quale fan riferimento oramai da anni l’Onu e le sue agenzie, l’Oms, l’Unesco e la Commissione su Popolazione e Sviluppo e che è diventata il quadro di pensiero della Commissione di Bruxelles, del Parlamento europeo e dei vari Paesi membri dell’Ue, ispirando concretamente i legislatori dei Paesi comunitari in modo da ridefinire la coppia, il matrimonio, la filiazione, i rapporti tra uomini e donne. Una ideologia che sta modellando pervicacemente la società del presente e del futuro. Siamo oramai scivolati verso l’educazione alla ideologia e cultura di genere, dominanti. La Chiesa teme una destrutturazione della famiglia tradizionale per rendere la società liquida e più facilmente manipolabile (e dunque controllabile) alla stregua di persone assoggettate a consumatori-oggetti. Preoccupazioni che mi sento di condividere. Infatti è giusto domandarsi se esista un diritto a diventare genitori o se il diritto genitoriale (diritto fondamentale della persona) sia limitato esclusivamente al diritto già insorto di potere essere e fare il genitore. Io penso che un tale diritto non possa spingersi sino a pretendere di divenire genitori“.
Quali conseguenze potrebbe avere l’insegnamento delle gender theories sulla formazione di bambini e adolescenti? Quali le possibili conseguenze sulla famiglia?
Matteo Winkler – “Come ho detto, nessuna. Anzi, è un bene che i bambini e gli adolescenti vengano a conoscenza il più presto possibile, attraverso vuoi il racconto dell’esperienza concreta di chi ci è passato, vuoi appositi corsi di formazione tenuti da specialisti dell’educazione, di principi di civiltà quali l’uguaglianza e la non discriminazione. Ciò serve a promuovere, come raccomanda il Consiglio d’Europa, “un ambiente scolastico sicuro, al riparo dalla violenza, dalle angherie, dall’esclusione sociale o da altre forme di trattamenti discriminatori e degradanti legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere”. Ne va del diritto fondamentale dei bambini a un’istruzione sana. La famiglia ne uscirebbe rafforzata, non indebolita”.
Marcello Mazzola – “Un indottrinamento a senso unico potrebbe rendere liquida la sua formazione, annichilendo qualsiasi impronta biologica naturale. Il che non significa necessariamente inseguire un principio di uguaglianza ma sopprimere lo stesso principio di uguaglianza, rendendo informi e liquide le persone e dunque le personalità, tutte uguali ed indistinguibili, ancorché poi presunte libere di manifestare la propria libertà e identità sessuale. Invece credo che la parità (e dunque la piena uguaglianza) debba consumarsi nell’ambito della differenza tra i sessi o tra le diverse identità sessuali, riconoscendosi e rispettandosi l’un l’altro. La diversità è dunque un valore e non un disvalore. Un valore che va preservato perché la straordinaria ricchezza e varietà della vita è fondata sulla biodiversità, e dunque è modellata sul concetto stesso di diversità”.
Le famiglie sarebbero pronte ad accettare l’insegnamento delle teorie relative al gender ai propri figli?
Matteo Winkler – “A mio personale avviso, bisognerebbe spiegare bene alle famiglie di che si tratta. Non si tratta solo di smentire quelli che, in totale mala fede, parlano di “indottrinamento” dei bambini “all’omosessualità” (o “all’omosessualismo”!), ma soprattutto di convincere le famiglie che parlare della realtà e della sessualità non è un male, ma un bene. Poi i genitori dovranno ovviamente fare il loro dovere, ma non possono pretendere che la scuola non faccia nulla”.
Marcello Mazzola – “Le famiglie laicamente aperte sarebbero inclini ad accettare pure l’insegnamento di tale teoria; le altre, ne dubito”.
In molti Paesi europei l’educazione sessuale è insegnata nelle scuole, spesso fin dalle elementari, come parte integrante dei programmi di studio. Perché in Italia questo non accade?
Matteo Winkler – “Perché la Chiesa e una certa politica non lo vogliono. In altri Paesi si insegna anche l’educazione civica. Da noi, se lo si fa, lo si fa poco, troppo poco”.
Marcello Mazzola -” A mio avviso l’impronta cattolico-cristiana condiziona ancora fortemente il programma scolastico e forse la Chiesa non è ancora pronta a trattare liberamente i temi della sessualità. La sessualità rimane ancora un tabù. Più che di educazione sessuale propenderei però ad educare al rispetto: della diversità, dei soggetti più deboli, a non prevaricare, al confronto, a fornire corrette informazioni per avviare lo sviluppo della sessualità, per prevenire nascite indesiderate, malattie, dar valore alla stessa, goderla appieno”.
Esiste un modo adeguato per affrontare il tema dell’educazione sessuale nelle scuole, con le nuove generazioni che sono bombardate da messaggi inerenti al sesso da parte dei mass media?
Matteo Winkler – “Un giorno ho sentito in una trasmissione alla radio una mamma che si lamentava del fatto che la scuola di suo figlio non insegnasse l’educazione sessuale. Lei non voleva occuparsene. Occorre ripensare il ruolo dei genitori rispetto a quello della scuola. Alcuni genitori reclamano una sovranità assoluta in materia, opponendosi a un asserito “indottrinamento” dei loro figli a queste fantomatiche “teorie del gender”. Ma poi spetta a loro spiegare ai loro figli come funziona. E’ loro dovere giuridico e morale. La scuola se ne occupa proprio perché i genitori non lo fanno“.
Marcello Mazzola – “Non è facile realizzare nella scuola una camera iperbarica tale da depurare i giovani, nel loro fondamentale percorso di crescita, da gravi contaminazioni di pensiero e da messaggi costanti tesi a mercificare il sesso, come oggetto ossessivo di consumo. L’unico strumento forse è di formare insegnanti adeguatamente, motivati, che sappiano infondere e trasmettere curiosità a 360° e che consentano alle “crisalidi”, sottoposti loro, di trasformarsi in farfalle senza reali condizionamenti. Solo così avremo un Paese migliore, più critico, più consapevole. Più libero”.