Milano è una creatura che cambia pelle ogni settimana. Questo weekend (dal 16 al 19 aprile) spalanca le sue porte al passato con la terza edizione della Milano Vintage Week. Negli spazi dello showroom Riccardo Grassi verranno riproposti i prodotti – dalla moda al design – che hanno reso grande l’Italia in tutto il mondo. L’idea è venuta ad Andrea Franchi che, dopo aver abbandonato il sogno dell’architettura, si occupa di moda da quindici anni: “Questa iniziativa nasce dalla mia passione per tutto ciò che ha un valore storico – racconta a FQ Magazine -.Volevo rendere onore alla storia della moda e del design degli anni ’50 e ‘60”. Ma Andrea ha capito che l’evento poteva funzionare solo se seguiva una formula stagionale: “Ho lanciato la Milano Vintage Week nel 2014 e ho afferrato subito che bisognava dare continuità a questo evento”, racconta. Lo scorso anno, infatti, ci sono state due edizioni, una ad aprile e l’altra a novembre: “Cerchiamo di seguire il ciclo delle stagioni e delle fashion week”, spiega.
“È partito come un esperimento – dice -, volevamo capire come avrebbe reagito Milano”. E di fronte a questo tuffo nel passato il capoluogo lombardo non si è tirato indietro: “All’inizio avevamo paura che l’evento non fosse capito, ma ci siamo dovuti ricredere”. I numeri parlano chiaro: 3.000 presenze nella prima edizione, salite a 3.600 nella seconda. Sul futuro è meglio non sbilanciarsi, ma per ora Andrea sembra averci visto lungo. Negli ultimi anni, infatti, c’è stata grande attenzione al fenomeno del vintage: nelle piccole e grandi città continuano a spuntare da tutte le parti mercatini e negozi dell’usato. Il motivo del successo è principalmente uno: “L’emozione che certi abiti del passato danno rispetto a quelli moderni”, ammette. Eppure come distinguere un capo d’annata da uno semplicemente usato? “La parola vintage spesso viene utilizzata male, perché in realtà è un termine che fa riferimento a un’epoca passata da almeno 20 o 25 anni – spiega -. Purtroppo non esistono dei codici come nell’antiquariato, quindi spesso si tende a generalizzare”. Per questo la Milano Vintage Week fa un’attenta selezione degli espositori: “Nella nostra mentalità questa manifestazione deve rappresentare l’opportunità per conoscere e documentarsi sul vero vintage”, ricorda. L’errore che spesso si fa è quello di non chiedersi da dove veniamo: “Molti stilisti del passato rischiano di essere messi da parte – spiega -, penso alle Sorelle Fontana o a Gianfranco Ferrè, ma è proprio da loro che prendono ispirazione i designer di oggi”.
“Abbiamo capito che c’era bisogno di una scossa a livello culturale – aggiunge -, per questo ogni volta proponiamo al pubblico una mostra diversa sull’abbigliamento”. Quest’anno è il turno de “I grandi sarti italiani e quell’ineffabile desiderio di bellezza”, un’esposizione che racconta la storia del costume negli anni del dopoguerra, con abiti arrivati dall’archivio di A.N.G.E.L.O. Inoltre, vista la concomitanza con il Salone del Mobile saranno messi in mostra anche alcuni pezzi di arredo e design progettati da grandi artisti italiani del passato. Lo spirito della Milano Vintage Week è quello di mettere insieme settori diversi tra loro ma pur sempre affini: cinema, cosmetica, design: “È un’occasione di riscatto sociale, un modo per mostrare i lati positivi della nostra cultura”, ricorda Andrea. Ma non c’è il rischio che il vintage si trasformi nell’ennesima moda passeggera? “Non succederà se ci sarà qualcuno in grado di trasmettere al pubblico il valore effettivo di ciò che appartiene al passato”.