Politica

Prodi, i 101 e il premier Matteo Renzi: “Io non sarei stato controllabile”

Un'anticipazione dell'ultimo libro di Marco Damilano. L’ex premier e il nuovo corso democratico: "Missione incompiuta"

Esce oggi l’ultimo libro di Marco Damilano “Romano Prodi Missione incompiuta. Intervista su politica e democrazia”. Eccone un’anticipazione.

Dal 2011 stiamo vivendo una situazione di vuoto politico: il fallimento del governo Berlusconi, il governo Monti, la vittoria di Grillo, la rielezione di Napolitano, le larghe intese e ora il governo Renzi.
Tre presidenti del Consiglio non eletti dal popolo sono certamente un intervallo troppo lungo del processo democratico. Ammetto che, a scuola, le cose più divertenti si facevano durante l’intervallo. Ma un sistema democratico è quello in cui la sera delle elezioni si sa chi ha vinto. Non è un problema da poco che questo in Italia non avvenga. Che non si avverta questo fatto come una grave anomalia di un sistema democratico, significa che il livello di instabilità dei governi è arrivato al di là del tollerabile.

Nell’ultimo raduno della stazione Leopolda Renzi ha detto di aver capito nel 2011 che l’Italia era un paese scalabile. Come una società per azioni su cui lanciare un’opa.
Questo è un paese scalabile. Ma la scala la devono fornire gli elettori. (…)

Lei si sente coinvolto nella rottamazione generazionale di Renzi?
La rottamazione è un concetto che mi ha sempre affascinato fin da bambino perché molte delle nuove imprese del primo dopoguerra sono nate utilizzando la rottamazione dei residui militari americani. Per me, quindi, rottamare significa anche utilizzare vecchi e nuovi materiali per ricostruire. Si rottama se sai cosa costruire dopo. Ma qui forse denuncio la mia appartenenza a un’altra stagione. (…)

Si può dire che il Pd è figlio dell’Ulivo?
Senza l’Ulivo non ci sarebbe stato il Pd. In questo senso si può dire che il Pd ne è figlio. Un figlio che ne ha ereditato l’obiettivo di mettere insieme tutti i riformismi. Questa è l’eredità dell’Ulivo, ma il Pd la valorizza a giorni alterni.

Nei giorni feriali sì, in quelli di festa no, o viceversa?
Può essere un’interpretazione dell’Ulivo affermare che i sindacati non vanno ascoltati e che tutti i corpi intermedi, nessuno escluso, vadano distrutti o indeboliti? Spesso vanno doverosamente contrastati, ma ascoltati sempre. (…)

Non si sente un estraneo nel Pd?
Nessuna estraneità. È la fine di una missione. Missione incompiuta, potrei aggiungere in questo caso. (…)

Il momento più difficile è stata l’elezione del presidente della Repubblica nel 2013. La settimana decisiva si aprì con un comizio di Berlusconi a Bari. Dichiarò che avrebbe cambiato Paese se Prodi fosse stato eletto al Quirinale.
Per due giorni nessuno del Pd mi ha difeso ed è stato, per me, il momento di massima amarezza. Solo una dichiarazione personale da parte di Rosy Bindi.

Più del voto dei 101 franchi tiratori che le hanno fatto perdere il Quirinale?
Molto di più, perché l’esito del voto segreto lo avevo rigorosamente previsto, anche se con qualche voto negativo in meno. Inoltre il voto segreto è spesso uno scoppio di goliardia. Intervengono fattori personali, odi, rancori, delusioni, ambizioni insoddisfatte, paure per il futuro, come in un consiglio di facoltà. Non è una scelta razionale. Ma quando invece ho visto un capo-partito che faceva un comizio per dire “tutti meno che Prodi”, mi aspettavo che si alzasse un dirigente del mio partito per dire: “Decidiamo noi chi sono i nostri candidati”. Per il resto nessuno può notare alcun cambiamento nei miei comportamenti dopo il voto dei 101 che, in realtà, sono stati quasi 120.

Perché ne è così sicuro. Li ha contati?
Contati no, ma so di aver ricevuto un concreto numero di voti sparsi qua e là al di fuori del Pd, tra centristi, grillini e truppe sparse. (…)

Cosa c’era in quel voto, in quel no a Prodi?
Il non volere un presidente della Repubblica difficilmente controllabile. I 101 sarebbero perciò aumentati e non diminuiti nel caso in cui non mi fossi ritirato. E hanno mandato un messaggio per cui la mia elezione sarebbe impensabile anche in futuro. L’attuale situazione non permette al Pd di votarmi. Decida lei se questo è per le mie virtù o per le mie mancanze.

di Marco Damilano

Da Il Fatto Quotidiano di giovedì 16 aprile