La Sicilia ha una cattiva rete stradale e servizi ferroviari modesti. Spesso si invocano più soldi dallo Stato per entrambi i sistemi di trasporto. Non si conoscono i consuntivi degli investimenti nei due settori, ma la sensazione è che per le strade non siano mancate le risorse pubbliche, ma piuttosto che siano state spese con bassissima efficienza, come troppo spesso accade quando si tratta di opere civili. Queste per loro natura hanno ridotte possibilità di avere buoni livelli di concorrenza negli affidamenti, e di essere molto permeabili alla corruzione e alla malavita organizzata. (Quanti lavori sono stati eseguiti da imprese non siciliane?).
Al contrario, la Sicilia può vantare un sistema di trasporto regionale su autobus piuttosto efficace, soprattutto dato il basso livello di contribuzione (circa 0,98 euro/buskm, esclusa la quota di rinnovo autobus, contro una media nazionale nel 2009 di 2,2 euro ed europea di 1,4). In particolare, il crollo del viadotto sull’autostrada che collega Palermo con Catania appare un caso estremo di malagestione: quella frana era in moto da un decennio, esistono sistemi di monitoraggio molto sofisticati per questi fenomeni, indipendentemente dalla qualità della costruzione. Questo crollo taglia in due la Sicilia e imporrà per lungo tempo deviazioni pesanti ai veicoli.
Il sistema ferroviario invece, affinché gli investimenti abbiano una qualche giustificazione funzionale ed economica, ha bisogno di livelli di domanda molto elevati e molto concentrati su poche direttrici, che c’è da temere che in Sicilia non esistano. Come ordine di grandezza, una linea a semplice binario ha senso se servono 40 treni (pieni) al giorno, e una linea a doppio binario se ne servono 100. Siamo ansiosi di vedere le analisi di traffico (ed economiche) per i nuovi progetti ferroviari per l’isola, che sembrano molto onerosi. Ma visto che tali analisi spesso non vengono rese pubbliche, non c’è da essere ottimisti.
Veniamo al fenomeno più generale delle deficienze del sistema stradale (di cui i crolli sono solo un indice), che non riguardano solo la Sicilia. A parte le responsabilità di Anas, che andranno verificate, sembra possibile osservare che ne pare afflitto più questo sistema che quello ferroviario, almeno per le opere recenti.
Sono radicalmente diverse le condizioni economiche con cui le due reti vengono realizzate: per le strade si devono fare gare di appalto, con problemi di ribassi eccessivi, costruttori disonesti, controlli inadeguati ecc. Questi rischi sono sempre presenti in un sistema con vincoli di bilancio. Per le nuove infrastrutture ferroviarie non è così: la gran parte non è stata affidata con gare, e inoltre lo Stato, cioè noi, paghiamo sempre tutto “a piè di lista”. Da cui, per esempio, il triplicamento dei costi dell’Alta Velocità. Si tratta solo di un’ipotesi, e forse qualcuno vorrebbe che questo sistema fosse esteso agli investimenti stradali, chissà.
Infine, un’ipotesi, anche questa tutta da verificare, per far fronte alle emergenze dell’inagibilità di tratti stradali privi di alternative funzionali: il genio militare. Questo è in grado di realizzare in tempi brevi ponti provvisori che consentono il transito anche di carri armati. Perché non sollecitarne l’intervento, anche in via sperimentale, in vista di un potenziamento tecnologico complessivo dei sistemi per interventi di emergenza sulla viabilità, dato che purtroppo il dissesto idrogeologico, anche per cause naturali, sembra destinato a ripetere con buona frequenza interruzioni alla viabilità, e i costi aggiuntivi per lo Stato dell’intervento del genio militare dovrebbero essere molto ridotti?
Il Fatto Quotidiano, 17 Aprile 2015