Il 99% delle pensioni erogate agli ex dipendenti della telefonia in pagamento nel 2015 subirebbe una riduzione se gli assegni venissero calcolati con il metodo contributivo. Il dato emerge dall’Operazione Porte Aperte Inps. Il 32% degli importi scenderebbe di oltre il 30%: si tratta delle pensioni di vecchiaia e anzianità liquidate dopo la soppressione del Fondo di previdenza specifico della categoria. Secondo il focus dell’Istituto nazionale di previdenza, il 55% dei trattamenti in essere risulta più elevato del 20-30% rispetto al contributivo, un altro 30% di prestazioni è tra un terzo e due terzi più alto che col contributivo.
Le deviazioni di importo sono più forti per chi è andato in pensione prima. Una persona andata in pensione a 57 anni prende 2.300 euro rispetto ai 1.500 che avrebbe avuto con il metodo contributivo. Un dirigente andato in pensione a 61 anni nel 2013, titolare di una pensione lorda a gennaio 2015 di 6.500 euro – scrive l’Inps – “percepisce una prestazione di 1.900 euro più alta di quella che avrebbe ottenuto con il metodo contributivo”.
Il Fondo di previdenza dei telefonici è stato istituito nel 1920 e soppresso nel 2000. Coloro che possedevano titoli di posizioni assicurative e trattamenti pensionistici sono poi stati iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, che dal 2003 è in disavanzo di gestione e ha accumulato un debito di quasi 6,8 miliardi. Per il 2015, invece, è prevista una perdita di oltre un miliardo “causata in larga parte dagli effetti negativi della chiusura del Fondo i nuovi ingressi”.
Le regole per il pensionamento dei telefonici sono state fin dal 1992 più generose di quelle degli altri contribuenti, con un’aliquota di rendimento annuo del 2,5% rispetto al 2% degli altri dipendenti. Inoltre, la retribuzione usata come riferimento per la pensione non era quella degli ultimi 5 anni come gli altri ma la minore tra quella teorica degli ultimi 12 mesi e quella teorica degli ultimi 3 anni maggiorata del 12%.