“Pronto, buonasera ho ammazzato mia moglie e mia figlia”. Sono le prime agghiaccianti parole pronunciate da Abdelhabi Lahmar, il marocchino di 39 anni che martedì notte ha ucciso a Pordenone la moglie Touria, di 30 anni, a colpi di accetta, e la figlioletta, di soli sei anni e mezzo, sgozzandola. La chiamata arriva al 112 e l’operatore, alle 2.50 della notte, pensa forse a un mitomane. Ostenta, tuttavia, tranquillità e prende tempo lasciando in attesa il presunto assassino. A quel punto, passa la comunicazione ai colleghi del 113 – competenti sull’ordine pubblico in quel tratto di città -: mentre il secondo operatore, questa volta della Questura, richiede nuovamente i dati al marocchino, già una Squadra della Volante è praticamente fuori casa, mentre gli esperti della Squadra Mobile, coordinati dal commissario Massimo Olivotto, stanno lasciando la Questura a sirene spiegate. Nella seconda parte della telefonata, Lahmar dice che non sa il motivo per cui ha ucciso i congiunti – “non mi ricordo nulla” – e confessa di averlo fatto con un coltello e un altro attrezzo di cui, tuttavia, non conosce il nome in italiano. Quando riaggancia, invitato a farlo dall’operatore, che prima si è fatto dare il numero di telefono, per prendere ulteriore tempo, il marocchino si trova di fronte la prima pattuglia, a cui si consegna senza opporre resistenza (video-audio esclusivo Ansa)

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