I pubblici ministeri possono essere processati dall’imputato mentre istruiscono il processo che lo riguarda. E’ una delle ricadute della nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati, che prevede l’abolizione di qualunque filtro di ammissibilità all’azione contro lo Stato. Il primo caso, scrive il Corriere della Sera, riguarda la Procura di Roma, in un’inchiesta – bancarotta l’ipotesi di reato – sui manager italiani di Alivision, società satellite di Terravision, azienda britannica che gestisce il trasporto tra grandi città europee e gli aeroporti. I pubblici ministeri hanno ottenuto sequestri di beni confermati finora in Cassazione e il rinvio a giudizio degli indagati.

Nel 2013 la pubblica accusa aveva anche avanzato al Tribunale Fallimentare una istanza di insolvenza di una delle società del gruppo. L’istanza veniva respinta, poiché i giudici ritenevano che alcuni dei debiti contestati non fornissero indizi inequivoci dell’insolvenza. Ora, poiché in base alla nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici tale bocciatura può essere interpretata come “provvedimento definitivo” in grado di legittimare un’azione civile contro lo Stato per responsabilità dei magistrati, la società impugna la legge in circa cinquanta pagine in cui denuncia “gravi e manifeste violazioni di legge”.

Risultato: poiché l’azione legale non è arrivata al termine dei tre gradi di giudizio ma mentre le indagini sono ancora in corso, i pm si troveranno da un lato a sostenere l’accusa contro gli indagati davanti al Tribunale penale e dall’altro a difendersi dall’azione di responsabilità civile intentata contro di loro dagli stessi imputati. Una situazione paradossale in cui i pubblici ministeri potrebbero trovarsi a doversi astenere dall’accusa, legittimando nei fatti gli indagati a liberarsi dei propri giudici inquirenti tramite un’azione legale.

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