Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il business dei rifiuti avrebbe interessato l'impianto di Reggio Calabria, il termovalorizzatore di Gioia Tauro e le discariche di Rossano, Alli e Pianopoli. Con imprenditori senza scrupoli e istituzioni che si girano dall'altra parte
Avrebbe permesso che per anni si sversassero illecitamente rifiuti su tutto il territorio calabrese. Con questa accusa il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho e il sostituto Rosario Ferracane hanno chiesto il rinvio a giudizio per il prefetto Goffredo Sottile e per altri 28 indagati (tra società e persone fisiche) coinvolti nell’inchiesta “Tabula Rasa” che ha svelato l’illecita gestione dei settore dei rifiuti. “Una gestione aziendale” che, secondo i carabinieri che hanno condotto le indagini, era “noncurante delle specifiche disposizioni di legge in vigore”.
Tra gli indagati anche il commissario di governo Andrea Adelchi Ottaviano e numerosi amministratori delegati delle società di raccolta e trasporto rifiuti. I reati contestati dal pm Ferracane vanno dall’associazione finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti alle violazioni igienico-ambientali. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il business dei rifiuti avrebbe interessato l’impianto di Reggio Calabria, il termovalorizzatore di Gioia Tauro e le discariche di Rossano, Alli e Pianopoli. Imprenditori senza scrupoli e istituzioni che si girano dall’altra parte. È questo, in sostanza, il quadro fatto dai magistrati nell’inchiesta, coordinata prima dal pm Sara Ombra (oggi trasferita alla Procura di Milano) e poi dal pm Rosario Ferracane.
Gli indagati, infatti, avrebbero assegnato “ai rifiuti codici Cer di comodo, al solo fine di renderli compatibili con le autorizzazioni amministrative in possesso dei siti di produzione e di destinazione, così da occultare e modificare la vera natura del rifiuto e facendo apparire adempiuti i precetti di legge”. Il tutto mentre le istitutuzioni che erano preposte a controllare in realtà non lo facevano. Tra questi, secondo gli inqruirenti, il prefetto Sottile. Un raggiro che avrebbe moltiplicato gli introiti economici per chi era deputato allo smaltimento dei rifiuti. Le scorie, quindi, non sarebbero state smaltite correttamente aumentando così i potenziali danni all’ambiente.
Numerose le intercettazioni telefoniche inserite nel fascicolo dell’inchiesta “Tabula Rasa”. Per mesi i carabinieri hanno ascoltato le conversazioni tra gli indagati. Il motore del sistema era la “Tec Spa” attorno alla quale ruotava un cartello di imprenditori che avrebbe goduto della complicità di pezzi delle istitutizioni. Secondo i pm, infatti, gli indagati avrebbero “simulato fittizie operazioni di selezione e trattamento dei rifiuti che venivano fraudolentemente classificati e illecitamente conferiti in parte al termovalorizzatore di Gioia Tauro e in parte presso le discariche di Rossano, Alli e Pianopoli”.
Tutti sapevano e questo emerge dalle intercettazioni tra l’amministratore delegato della Tec Enrico Friz e il presidente del Consiglio di amministrazione Carlo Alfiero, entrambi indagati nell’inchiesta. “Arroganza manageriale” l’hanno chiamata i carabinieri nel sintetizzare i racconti di Friz in merito ai colloqui avuti con il prefetto Goffredo Sottile e il suo sub commissario, Antonio Falvo (anche lui indagato). E la Calabria, da anni, è alle prese con un emergenza rifiuti diventata ormai cronica.