Cambiare la riforma costituzionale e tornare al Senato elettivo si può, ma a patto che la minoranza sostenga l’Italicum che comunque Matteo Renzi annuncia sarà “approvato nelle prossime settimane”. Il presidente del Consiglio parla in un’intervista a Repubblica poco prima di partire per gli Stati Uniti e apre a una trattativa dentro il partito sulle riforme: “Per me si può fare. Fu Errani, ossia un uomo di Pierluigi, a dire no. A me va benissimo. Non credo sia un punto fondamentale. L’importante è che si abbandoni il bicameralismo paritario. All’assemblea è apparso chiaro a tutti che la minoranza la guida Bersani. E Pierluigi ha aperto la trattativa. Ha aperto sul Senato, sull’articolo 2 della riforma”. Fonti di Palazzo Chigi però smentiscono che si tratti di “un’offerta ai ribelli”: “Niente scambi, non si torna indietro. La legge elettorale non si tocca”.d
Quella di Renzi è solo un’ipotesi, ma cambierebbe molte delle carte in tavola: innanzitutto potrebbe calmare gli animi dentro il Partito democratico che è uscito a brandelli dall’incontro di mercoledì 15 aprile quando il capogruppo alla Camera ed esponente della minoranza Roberto Speranza ha rimesso la sua carica all’assemblea. La “trattativa”, come la chiama il presidente del Consiglio, si sarebbe aperta nelle scorse ore anche se i critici restano diffidenti: “Vediamo se l’apertura è seria”, ha detto Gianni Cuperlo sempre a Repubblica. Intanto ieri sera Pier Luigi Bersani a Servizio Pubblico ha ribadito che “non vuole far cadere i governo” e nemmeno fondare un nuovo gruppo: “Il Pd è casa mia. Il Pd durerà cento anni, è giovane, imperfetto lo aggiusteremo, non voglio un partito pigliatutto”. Scettico anche il senatore Alfredo D’Attorre: “La proposta di Renzi è dire ‘abbiamo scherzato’. Le nottate e i Canguri? Abbiamo scherzato. Significa prendere tutto il lavoro fatto, buttarlo nel cestino per ripartire da capo”.
Il leader Pd è negli Stati Uniti dove nel pomeriggio incontrerà il presidente Barack Obama. Nel suo intervento alla Georgetown University a Washington ha ribadito l’intenzione di andare avanti a tutti i costi con la riforma elettorale: “In Italia prima ci sono le elezioni e solo dopo si decide il premier: ci sarebbe da piangere ma io ho deciso di cambiare”. E ha aggiunto: “L’Italicum sarà approvato nelle prossime settimane”. Quindi davanti agli studenti ha assicurato che il Paese cambierà: “Per troppo tempo l’Italia è stata la bella addormentata nel bosco, come se il meglio fosse già accaduto e potessimo vivere il presente solo sognando il nostro grande passato. Ma noi siamo qui per svegliare la bella addormentata, noi siamo qui per dare un indirizzo al futuro”.
In realtà la possibilità di andare avanti spediti si scontra con i problemi dentro il partito. “I voti per l’Italicum”, ha detto a Repubblica, “ci saranno in ogni caso, anche con il voto segreto. Una parte di Forza Italia non si tirerà indietro”. Sull’eventualità di porre la fiducia, “questo è un tema che ci porremo a fine aprile. Mi sembra più una questione procedurale che politica. Vedremo”. Quanto a possibili provvedimenti nei confronti dei deputati che non seguiranno le indicazioni, “non lo abbiamo mai fatto. Nemmeno quando alcuni non hanno votato il Jobs act. Non prenderemo provvedimenti. Certo, se poi la legge non passa allora il discorso cambia. Eppure io non vedo rischi”.
Il segretario democratico punta anche sulle divisioni interne ai critici che, secondo lui, rendono lo spettro della spaccatura meno probabile: “La mia impressione”, ha detto a Repubblica, “è che i critici siano comunque divisi tra di loro. Ho visto almeno quattro anime diverse dentro la minoranza. C’è Cuperlo che non so cosa farà ma i cuperliani alla fine voteranno la riforma. Poi c’è Speranza che si è immolato e alcuni dei suoi sono stati tra i più duri perché hanno preso gli ordini da D’Alema. Anzi qualcuno a mezza bocca diceva: meglio se lascia. Quindi c’è un ‘corpaccione’ ampio che non ha alcuna voglia di andare alle elezioni e infine ci sono i bersaniani. E lì la cosa si fa interessante perché c’è un elemento di novità: la minoranza la guida Bersani”, che “ha aperto la trattativa”.