Presi da altro avevamo mancato di seguire a fine agosto l’esordio su Rai 1 della prima serie di “Velvet”, la telenovela della solita Spagna, che ne produce a bizzeffe per la gioia dei palinsestari italiani perché costano poco e attirano un pubblico fedele (Il Segreto è diventato l’arma tutt’altro che segreta di Canale 5; e anche La7 sta provando un innesto iberico nel pomeriggio).
Le trame non sono di quelle che procurano il brivido della sorpresa, ma rientrano piuttosto nello stra-usato sicuro. Mercoledì sera, tanto per dire, Alberto, imprenditore strafico, prova gelosia vedendo la bella collaboratrice Ana (chi segue le novelas spagnole deve notoriamente dimenticare le doppie e abituarsi a Ana, Pepa etc) baciare Carlos, il legittimo, ma ingenuo, fidanzato che si accomiata dai due non mancando di pregare Alberto, sì proprio il padrone e capo ufficio, di non mettere a rischio la freschezza di Ana pretendendone un eccesso di straordinari.
Queste fiabe semplici per adulti rilassati possiedono una sovrana proprietà: si amalgamano perfettamente con i palinsesti delle altre reti “grandi” di Rai e Mediaset (le uniche che ne possiedono da sempre tre ciascuna) perché a qualsiasi cosa queste programmino e qualsiasi pubblico attirino, aggiungono pari pari i loro fedelissimi spettatori.
Come è accaduto mercoledì quando il romanzo (Velvet) e la vita come un romanzo (Chi l’ha visto?), insieme al talent di turno “The Voice” su Rai 2 hanno sommato gli ascolti anziché dividerseli. Ana di Velvet e Federica Sciarelli hanno radunato le donne, purché oltre i 55 anni, mentre a quelle sotto i 45 anni ci pensava “The voice”. E quest’ultimo è riuscito poi a fare man bassa tra i giovani maschi, notoriamente respinti da sentimento e crime quando non esibiscano l’azione. Così la Rai si è trovata in forte vantaggio, anche perché Mediaset stava un po’ con i remi in barca mettendo due vecchi film a contorno di una partita di Champions su Canale 5.
La capacità delle telenovelas di “aggiungersi” agli ascolti delle altre reti aziendali, anziché rubarglieli, è uno degli elementi che si stanno rivelando più efficaci nel consentire ai duopolisti di spremere tutto il vantaggio di possedere tre “grandi” reti per ciascuno. Non tanto in competizione tra loro, quanto in opposizione preventiva ad ogni possibile nuovo concorrente. Dove lo piazzi infatti un terzo polo quando i primi due strabordano e non lasciano libero neppure un centimetro quadrato?
Non per caso all’estero non si riscontrano situazioni che somiglino seppur vagamente a questa. E sarebbe il massimo se dopo la Riforma di cui si parla giungessimo (parafrasando Montalambert e Cavour) ad avere la libera telenovela (e quant’altro) in un mercato liberato.