Oggetto dello studio un astro circa 8 volte più grande della Terra, a 4200 anni luce dal nostro pianeta e, secondo gli studiosi, vecchia di “appena” qualche migliaio di anni. Giovanissima, se messa a confronto col nostro Sole, che si stima avere oltre 4,5 miliardi di anni
Messi a confronto con la vita media di una stella, 18 anni possono sembrare un breve lasso di tempo. Sono tuttavia sufficienti per gli astronomi per osservarne l’evoluzione. Ne sono convinti gli scienziati del Centro di Radioastronomia e Astrofisica dell’Università Nazionale Autonoma del Messico che, per dimostrare che i loro modelli teorici sono corretti, hanno messo a confronto due immagini di questa giovane stella, una scattata nel 1996 e una nel 2014.
Oggetto dello studio, pubblicato su Science, è la stella siglata W75N(B)-VLA 2: un astro circa 8 volte più grande della Terra, a 4200 anni luce dal nostro pianeta e, secondo gli studiosi, vecchia di “appena” qualche migliaio di anni. Giovanissima, se messa a confronto col nostro Sole, che si stima avere oltre 4,5 miliardi di anni. Gli astronomi ipotizzavano che questa stella si stesse formando in un ambiente gassoso molto denso, circondata da una ciambella di polveri. Secondo la loro teoria, all’inizio della vita della stella il vento caldo, carico elettricamente, da essa irradiato si sarebbe dovuto espandere in ogni direzione, creando una sorta di guscio bollente perfettamente sferico intorno all’astro. Una volta che il vento avesse raggiunto l’anello di polveri, il “guscio” si sarebbe dovuto deformare, poiché il vento si sarebbe potuto allungare indisturbato nella direzione in cui non trovava ostacoli, mentre sarebbe stato rallentato dalla materia presente nella ciambella.
“Nell’arco di soli 18 anni, questo è esattamente quello che abbiamo osservato”, ha spiegato Carlos Carrasco-Gonzalez, a capo del team di ricerca. L’immagine del 1996, infatti, mostra una regione calda e sferica, prodotta dal vento emesso dalla stella. Quella del 2014, invece – scattata dallo stesso osservatorio della prima, il Karl G. Jansky Very Large Array di Socorro, in New Mexico – mostra una forma nettamente più allungata. Lo studio, spiegano gli autori, risulta ancor più interessante se si pensa quanto “la nostra comprensione di come si evolve una stella molto massiccia è molto più limitata rispetto alle conoscenze che abbiamo su stelle più piccole, come il Sole”, ha concluso Gonzalez. “Sarà molto affascinante continuare ad osservare come questa stella cambierà nel corso della sua vita. Ci aspettiamo di imparare moltissimo da questo tipo di studio”.
di Laura Beraradi
Dal Fatto Quotidiano del 13 aprile 2015
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