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Discoteche, sempre meno i frequentatori: crisi o transizione culturale? Le storie dei gestori

Il settore continua ad affrontare un periodo molto difficile ma c'è chi riesce a sopravvivere e addirittura a prosperare. Secondo Roberto Cominardi, presidente provinciale del Sindacato Italiano dei Locali da Ballo, "la discoteca come luogo di aggregazione non riscuote più lo stesso interesse di un tempo" e "bisogna operare una politica di taglio dei costi mirata". Sonia Del Pero, presidente dei Magazzini Generali di Milano, sottolinea come oggi ci si senta 'fortunati' ad essere ancora aperti. Ma c'è anche chi investe, puntando sulle nuove tecnologie, su un buon rapporto qualità-prezzo e introducendo generi musicali diversi, come l'hip hop

di Claudio Burdi

La crisi ha colpito, in questi ultimi anni, anche il mondo dell’entertainment nottambulo, a Nord come a Sud. Come stanno affrontando la crisi le discoteche del Bel Paese? Quali soluzioni sono state adottate? C’è chi crede ancora in questo business? Abbiamo intervistato alcuni importanti protagonisti del settore per cercare di capire come hanno reagito e stanno reagendo, scoprendo che, in maniera diversa ma con grande tenacia e spirito imprenditoriale, con tagli oculati e investimenti mirati, utilizzo delle nuove tecnologie e media, qualità e professionalità, è possibile anche prosperare.

Roberto Cominardi, presidente provinciale del SILB, il Sindacato Italiano dei Locali da Ballo, e gestore dell’Old Fashion, storica discoteca milanese (aperta dal 1933) presso il Palazzo dell’Arte di Milano nel cuore di Parco Sempione, ci risponde che la crisi nel 2014 si è fatta ancora sentire, anche se a suo avviso più che di crisi economica (che sicuramente influisce) la definirebbe meglio come una “transizione culturale” visto che “La discoteca intesa come luogo di aggregazione non riscuote più lo stesso interesse di un tempo: i fruitori sono indecisi su ciò che veramente vogliono. Il mondo digitale ha cambiato parecchio la percezione dell’aggregazione stessa (il semplice fatto che un contatto su Facebook sia indicato come “amicizia” è un sentore del cambiamento) e dell’interazione con il divertimento classico”. Cominardi sottolinea che contenere i costi è diventato l’imperativo categorico per la categoria “specialmente nei casi di quei locali nati in un periodo di convergenze economiche completamente diverse. Riformulare le spese correnti, gli investimenti artistici e di equipaggiamento tecnico si è dimostrato più arduo del previsto. La clientela è sempre più attenta all’offerta (soprattutto perché amplificata dallo strumento web che ti permette un facile ed immediato confronto) e feroce (e efficace) nello stroncarti con una critica severa, se non trova quello che cerca. Il taglio dei costi deve essere quindi mirato, al fine di non perdere in competitività e offerta. Offerta che oggi si manifesta anche a livello europeo visto la straordinaria facilità nel viaggiare in aereo a low cost”. Per il 2015 l’Old Fashion pensa di investire nelle nuove tecnologie di comunicazione (app, socialmedia, web app) e nella produzione di nuove serate con uno studio dettagliato delle nuove tendenze, mentre meno nelle classiche relazioni pubbliche che – salvo alcuni casi – soffrono lo stesso disagio delle gestioni dei locali

Sonia Del Pero, presidente dei Magazzini Generali di Milano, altro storico dancefloor e location per concerti tra i più attivi in Italia, ci svela come “I bilanci, di anno in anno, tolgono sempre più vita all’ottimismo. La percentuale di mancato guadagno ha, negli ultimi tre anni, preso un’impennata che fa paura. Premetto che mi sento estremamente fortunata a poter parlare ancora di bilancio, anzichè di chiusura o fallimento, ma l’anno in corso finora non ha portato neanche lievi migliorie.” Per contenere i costi “l’ultimo anno sono stati fatti solo tagli” continua Del Pero, ribadendo come in generale “ovunque il personale è stato ridotto e molti contratti rivisitati, molte rinunce e soprattutto nessun investimento. Serate che traballavano sono state chiuse e si cerca di mantenere solo ciò che dà segni di stabilità.”. Per il 2015 l’intenzione è quella di “Sopravvivere. Tagli non se ne possono fare più e le novità hanno perso di senso. Le società potenti, ormai in crisi anche loro, si stanno contendendo l’estate di Milano Expo, facendosi guerra a botte di dj set con nomi importanti e molto dispendiosi, giocando con loro all’asta per accaparrarseli e rovinando così ancor di più il mercato ed il portafoglio del povero pubblico. Io scelgo la serenità. Oltre al nostro sabato, che da anni ci da soddisfazione e stabilità, puntiamo ad aprire solo per feste aziendali o sponsorizzate, concerti che porteranno i promoter e serate che puntino sull’armonia di stare insieme e abbiano costi contenuti.”

Ma c’è anche chi anche in questo periodo buio investe ancora nel settore. Come Filippo “Libo” Liguori, imprenditore dell’entertainment notturno con un’esperienza quasi trentennale che da qualche mese insieme ad altri soci ha aperto il Grey’s Room Club di via Giosuè Carducci 25 a Milano, in zona Cadorna, un club che si ispira alla scintillante movida dei favolosi anni ’80, per un ritorno al passato nella sua forma e struttura. “La nostra è una start up, quindi raffronti con gli anni precedenti con la stessa struttura non possiamo farne, ma sicuramente non siamo dei novizi e un’idea sulla situazione economica l’abbiamo ben chiara. I numeri di una volta sono solo dei bei ricordi. Il 2015 per noi è iniziato bene e siamo speranzosi nell’Expo che è alle porte, anche se non penso che sarà la panacea di tutti i mali. Non esistono ricette o alchimie particolari per uscire dalla crisi, sicuramente bisogna cercare di differenziarsi dagli altri competitor e fare una gestione oculata dei costi andando alla ricerca di prodotti di qualità a prezzi competitivi. Per il proseguo di questo 2015 continueremo a gestire al meglio i costi e a rinnovare la nostra struttura in modo da offrire uno spazio polifunzionale ai nostri clienti e a quelli che ancora non lo sono. Puntiamo a dare un’offerta differenziata in base alla serata, per cui spazieremo dalla musica house old school a hip hop di qualità (genere sempre più di moda)”.

Dando uno sguardo al resto d’Italia, anche Matteo Pivotto, con i suoi soci, ha deciso di aprire una nuova discoteca con ristorante, il Vanìta Club di Cavernago (BG), puntando ad un pubblico trasversale, quello che di solito in discoteca non va più, e su un rapporto qualità – prezzo invitante. “Da noi si cena con prodotti del territorio, spesso a km zero, abbiamo pure un menu vegano, c’è un’ottima pizza e c’è sempre live music. Ma un pasto completo compreso il ballo più tardi non costa mai più di 30 – 35 euro. Non crediamo molto nei pr “che portano il tavolo”, mentre stiamo utilizzando promoter sul territorio che facciano conoscere davvero la nostra proposta nei bar di pre-serata e nei luoghi di ritrovo.”.

Maurizio Mastellone del Fauno Notte Club di Sorrento (NA), unica discoteca della città con sessant’anni di storia che da aprile ad ottobre fa centottanta serate con clientela internazionale, mentre d’inverno è aperta solo nel weekend per un pubblico trendy campano, ci racconta che da sempre la sua filosofia è quella di proporre un prodotto di grande qualità ad un prezzo contenuto e che i pr devono continuare a svolgere il loro di promozione del locale e delle serate impegnandosi però più di un tempo.

Giampaolo Marconi, titolare e direttore artistico dell’Hollywood DanceClub di Bardolino (VR), una delle strutture più longeve e apprezzate del Lago di Garda, ci racconta che “La crisi c’è. La clientela cambia di continuo e i consumi ristagnano un pò. La flessione del 2014, rispetto al 2013, è stata di poco conto e forse imputabile non tanto alla crisi ma al cattivo tempo nell’estate. Inauguriamo la nuova stagione in questi giorni e speriamo bene! Lo scorso anno abbiamo cercato di contenere i costi e per quest’anno manterremo la stessa linea proponendo sempre qualità e un’interessante novità nel nostro privè, dove ogni venerdì si ballerà hip hop.”

Antonio Gregori del Circus Beat Club di Brescia, la discoteca più storica della città, ci racconta come sia tornata al successo dopo qualche anno di crisi (sia pure relativa) grazie ad un rapporto qualità – divertimento – prezzo unico (ingresso con consumazione raramente a più di 10 euro) pur mantenendo il suo pubblico elegante. “Per combattere la crisi non si può fare altro che ridurre i costi, ad esempio quelli dei PR (che non sempre servono) mantenendo alta la qualità dello show e della musica e puntando anche su idee nuove, che possono anche non funzionare. Ad esempio, noi da qualche anno abbiamo provato a proporre un giovedì hip hop, il “Rehab”, senza certezze ed il risultato è straordinario. La domenica invece l’abbiamo sospesa e puntiamo su un venerdì un po’ più adulto ed un sabato giovane e scatenato, ma sempre elegante.”

Ado Dz del Made Club di Como ci svela che “Con i miei soci sto cercando di proporre un po’ di tutto. E’ questo il sistema giusto per combattere la crisi in provincia. Como è in fondo una piccola città. Spesso ospitiamo guest importanti, come Gabry Ponte o Tony Humphries, ma ogni tanto, quando non abbiamo super ospiti, ci inventiamo feste a tema davvero divertenti. Ne abbiamo fatta una dedicandola a Flashdance, con le ragazze in body super sgambato, un’altra dedicata al calcio. In eventi di questo tipo tutti diventano protagonisti ed il costo è contenuto. Oggi anche la discoteca è diventata un’azienda come un’altra e come in quasi tutte le azienda di solito la differenza la fanno le risorse umane. Crediamo molto nella nostra squadra di barman, posteggiatori, dj, camerieri. Il locale sono soprattutto loro e quando lavorano col sorriso, anche gli ospiti se ne accorgono.”

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