“Ed ecco come, dopo mesi di viaggi erratici, dopo aver navigato sul fiume Ogooué, bighellonato in Angola e São Tomé, attraversato gli altipiani Batéké, mi sono ritrovato, il 3 ottobre 2006, a Brazza sopra il feretro di Brazza, una bara tutta nuova Fabriqué par EGPFC-Wilaya d’Alger, in compagnia del presidente della Repubblica gabonese Omar Bongo Ondimba, del presidente della Repubblica congolese Denis Sassou Nguesso, del presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé, dei concittadini Douste-Blazy e Kouchner, del nunzio apostolico Monsignor Andres Carrascosa Coso, e del re dei téké Auguste Nguempio. Tra alberghi e alloggi di fortuna, ho ricostruito le biografie dei contemporanei di Brazza: David Livingstone ed Henry Morton Stanley, ma anche Albert Schweitzer e Jonas Savimbi. A Kigoma, sulle rive del lago Tanganica, ho seguito le tracce della guerra congolese di Che Guevara. Per raccontare le vite di Emin Pacha e Tippu Tip, mi sono spinto fino a Zanzibar.”
Ne pubblicassero di più in Italia di libri così. Un testo capace di ridare centralità a fatti ormai considerati marginali nella pochezza delle informazioni globalizzate, ghettizzati da un presente che sembra riuscire con bislacco stile a gettare nel dimenticatoio quasi tutto ciò che è intelligente, bello, ben scritto.
Patrick Deville è un esploratore del terzo millennio, il suo è un vagabondaggio straordinario sulle tracce di Savorgnan di Brazza in un’Africa immaginaria e reale che continua a cambiare padroni e confini. La scrittura del bravo autore francese, che per questo lavoro ha rifiutato la forma della biografia rigorosa seduto ad un tavolo per divorare in prima persona fiumi, foreste, città montagne, laghi, è una scrittura sensuale, poetica, divertente.
Un viaggio che lo ha portato attraverso le cicatrici della lunga e terribile guerra congolese, in Gabon, a São Tomé e Prìncipe, tra i mercenari che volevano destituire il presidente della Guinea Equatoriale, in Angola, in Algeria, in Tanganica… e ovunque a tracciato le storie di quelli che lì sono passati in altre epoche o di coloro che in altri luoghi, seguendo altre carte geografiche, li hanno ispirati o li hanno conosciuti. Un caleidoscopio di volti e avventure: Jules Verne, Pierre Loti, Jonas Savimbi, Henry Morton Stanley, Che Guevara, Patrice Lumumba, Joseph Conrad, Nubar Pascià, il generale Charles George Gordon, l’autoproclamato mahdi Mohammed Ahmed, Agostinho Neto, Pepetela, André Malraux, Laurent-Désiré Kabila…
Patrick Deville è nato a Saint-Brévin nel 1957 e dirige la fondazione letteraria MEET (Maison des Écrivains Étrangers et des Traducteurs) di Saint-Nazaire. Equatoria (2009), è il secondo volume di una trilogia che comprende i romanzi Pura Vida (2004) e Kampuchéa (2011). Con Peste & Choléra (2012) si è aggiudicato il Prix du roman Fnac, il Prix Femina, ed è stato finalista del Prix Goncourt. I suoi libri, pubblicati in Francia dalle Edizioni de Minuit e Seuil, sono tradotti in dodici lingue. Mi chiedo come mai, in Italia, siano stati pubblicati pochissimi titoli. È vero che Deville non fa parte della sconfinata brigata dei pessimi scrittori che molti grossi editori amano avere nella propria scuderia per poi poter far ingoiare porcherie ai sempre meno lettori, però nessuno, tra quelli buoni, tra quelli che amano pubblicare cultura è intelligenza, è disposto a investire su questo geniale autore? Per ora un applauso immenso a Edizioni Galaad.